Camminiamo rapidamente verso la festa dell’Ascensione.
Come dobbiamo comprendere la nostra “ascensione” al seguito di Cristo? E’ chiaro che non può trattarsi di un ascendere materiale; si tratta piuttosto della progressiva santificazione del nostro essere; oppure – ed è lo stesso, della graduale rigenerazione del nostro cuore ad immagine e somiglianza di quello di Cristo, per l’azione dello Spirito Santo.
E’ ciò che ricaviamo anche dalla bella preghiera-poesia della venerabile clarissa Francesca Farnese (1593-1651): insieme a lei domandiamo allo Sposo celeste che ‘prenda il nostro cuore e lo faccia morir nel fuoco del Suo amore, finché, morto a sé stesso, a Lui s’unisca’.
O mio sposo celeste,
Che trionfante al tuo bel Regno ascendi,
Cinto di bianche veste,
E di vago splendor, deh’l mio cor prendi.
Portalo teco in Cielo
Nascosto, chiuso entr’il tuo divin petto,
Acciò si strugga il gelo,
Che lo circonda, e à tè rechi diletto.
E se quivi serrato
Lo terrai nel tuo seno un sol momento,
Come tutto cangiato
Lo vedrò al fin con mio sommo contento.
Piglialo, ò mio thesoro,
Menalo come schiavo incatenato;
Ch’io qui mi struggo, e ploro,
Per desio di vederlo in tale stato.
Questo già ti fè guerra,
Hor che vai trionfante, e con vittoria,
Da questa nostra terra
Alla felice tua perpetua gloria.
Nel tuo trionfo altero,
Il dover vuol, ch’l tuo nemico vada,
Giunto poscia al tuo Impero,
Fallo morir di fuoco, e non di spada.
Il fuoco sia’l tu’amore,
Che lo consumi tutto à poco à poco,
E per il grand’ardore
Non trovi che in te, rifugio e loco.
Si che forzato sia
Andarti sempre e nott’, e dì cercando,
E à ogni altra compagnia,
Che levi da tè, dar tosto bando.
E nel tuo dolce ardore
Qual salamandra viva, e si nutrisca,
Fin che punto d’amore
Morto affatto à se stesso, à te s’unisca.