Dio ama presentarsi a noi come Salvatore.
Non di rado, anche nella nostra vita, Egli permette che “tocchiamo
il fondo”, seguendo orgogliosamente le vie della nostra autosufficienza, prima di entrare in azione, quando ormai non abbiamo davanti a noi che il baratro.
Così avvenne anche al tempo dell’esilio babilonese, secoli prima di Cristo, quando gli Ebrei furono fatti schiavi e deportati in terra straniera: i brani profetici più belli dell’Avvento sono collocati in quegli anni, quando Dio torna a far sentire la Sua voce per mezzo dei profeti: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati”. (cf. Is 40 1).
Dio ama presentarsi a noi come Salvatore, ama essere invocato: Vieni e salvaci, perché senza Te nulla possiamo.
Tutta la storia di Israele può essere letta come una incessante provocazione da parte di Dio a fidarsi di Lui; Dio educa i Suoi, lungo i secoli, mettendoli continuamente nell’assoluto bisogno di rivolgersi a Lui, di confidare in Lui, di sperare in Lui, finalmente!
Così fu nell’Esodo, così al tempo dei Giudici e dei Re, per secoli, fino alla pienezza dei tempi, quando la volontà di Dio di salvarci di-venta carne al di là di ogni previsione e speranza umana: nel grembo di una Vergine e nel cuore della notte!
“Dice Dio, il Santo d’Israele: ‘Nel tornare a Me e nello stare sereni sarà la vostra salvezza; nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza’” (cf. Is 30, 15).
Come potrebbe essere diversamente?
Da quando i nostri progenitori hanno tradito l’amore del loro Creatore e Padre, volendo prendere il Suo posto, e sono finiti nella misera solitudine del figlio prodigo, la rieducazione dei loro discen-denti, che siamo noi, non può che passare attraverso un atto di umiliazione radicale:
“Signore, tu sei nostro padre; noi siamo ar-gilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani.” (cf. Is 64, 7 s.).
E’ questo atto di fiducia che il Signore attende e provoca.
E’ questo atto di fiducia, quando diventa preghiera che sale a Dio “da uno spirito affranto e umiliato” (cf. Sal 51), ciò che Lui gradisce! Una preghiera così, riferita alle cose che contano, è vincente, sempre. Perché Dio ci ama ed è fedele, e noi non siamo forti “da soli”, ma siamo forti per mezzo della nostra fiducia nella forza Sua.
Diamo a Dio la gioia di manifestarsi quale nostro Salva-tore. Ripetiamolo al nostro cuore, esprimiamolo nella nostra preghiera personale:
“Dio, ti affido la mia vita, tutta la mia vita e quest’oggi: tu sei l’Onnipotente, nulla sfugge al Tuo sguardo, nemmeno un capello del mio capo cade se Tu non lo permetti – e Tu nulla permetti, se non al fine di un maggior mio bene. Insegnami a confidare in Te, ‘come bimbo svezzato in braccio a sua madre’ (cf. Sal 131, 2), per riconoscere e accogliere con riconoscente stupore le manifestazioni sempre nuove della Tua infinita tenerezza di Padre”.
E’ Avvento: alleniamoci a pregare così!