Il Giorno mondiale del Malato coincide con la memoria liturgica della Madonna di Lourdes (11 febbraio): ci ricordiamo dei nostri malati volgendo lo sguardo verso Colei, che Dio ha preservato immune dal peccato originale, causa prima di ogni malattia.
In questo modo siamo aiutati a credere che la malattia non fa parte dell’umana natura: Dio non ha mai voluto che i Suoi figli provassero la sofferenza.
E davanti al mistero della sofferenza e della morte si apre all’orizzonte del Credente la speranza nella risurrezione e nella vita e gioia eterna, poiché – come dichiara Cristo ai Sadducei che lo mettono alla prova: “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui” (cf. Lc 20, 38).
Il Giorno mondiale del Malato è legato anche alla vicenda terrena dell’umile veggente di Lourdes, santa Bernadette Soubirous.
Quando, l’11 febbraio del 1858, la Vergine le apparve per la prima volta presso la rupe di Massabielle, sui Pirenei francesi, Bernadette aveva compiuto 14 anni da poco più di un mese.
Il primo riconoscimento ecclesiastico della verità delle apparizioni venne firmato dal vescovo di Tarbes nel 1862.
Quattro anni dopo, a 22 anni, Bernadette decide di rifugiarsi dalla fama a Saint-Gildard, casa madre della Congregazione delle Suore della Carità di Nevers. Ci rimarrà 13 anni.
Costretta a letto da asma, tubercolosi, tumore osseo al ginocchio, all’età di 35 anni, Bernadette rinasce alla vita del Cielo il 16 aprile 1879, mercoledì di Pasqua.
Nella terza apparizione, giovedì 18 febbriao 1858, la Madonna, rivolgendosi a Bernadette in dialetto pirenaico, le chiede:
“Vuoi farmi la gentilezza di venir qui per quindici giorni?”
“Sì, ve lo prometto!” – risponde pronta Bernadette.
La Vergine le sorride e dice:
“Ed io non ti prometto di farti felice in questo mondo, ma nell’altro sì!”.
Quale mistero è racchiuso in queste parole?
Quale speranza possono attingere i sofferenti dalla promessa di Dio? Poiché Egli ha promesso che “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”, e che nella Gerusalemme celeste, dove i Redenti regneranno con Lui per sempre, “non ci sarà più la morte, né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima sono passate” (cf. Apc 21, 4 s.).
Non sappiamo come ciò avverrà, ma non dubitiamo che Dio possa fare tanto; e che Egli lo voglia con tutta l’onnipotente forza del Suo amore per noi.
Con questa fede in cuore cerchiamo di affrontare le nostre sofferenze e di accompagnare, delicatamente, i nostri fratelli e le nostre sorelle nel dolore della malattia.