Esodo
ESODO
Bagot
Aspirazione universale di libertà Liberazione – Situazioni intollerabili poi succede qualcosa: cambiamento politico, sconvolgimento rapporti personali o sociali. Finalmente si potrà vivere.
Quanti fanno unna simile esperienza, si scoprono all’improvviso fratelli. Mossi dallo stesso entusiasmo, comunicano tra di loro. Ma ogni liberazione non è solo un sogno, ben presto svanito. Certamente possono essere spezzate dure catene. Tuttavia chi se ne è liberato scopre di restare ancora condizionato da molti altri legami. Inoltre i fratelli di un momento si scoprono così lontani gli uni dagli altri. Molte cose ancora li separano, li contrappongono addirittura. C’è una bella differenza fra la liberazione e il mondo pienamente riconciliato!
Ma non importa. La speranza risorge costantemente. L’evento liberatore s’è messo in marcia. Il suo ricordo spinge verso un futuro aperto. Non è forse il pegno che la situazione + disperata potrà un giorno trasformarsi?
E se questo cammino in avanti, di liberazione in liberazione, fosse il segno stesso dell’agire di Dio all’interno dell’uomo? Se la percezione, sempre da approfondire, di ciò che può essere la vera liberazione, fosse la traccia della sua azione per far nascere l’uomo vero, pienamente riconciliato con gli altri, con se stesso, come conseguenza della riconciliazione con Dio finalmente conosciuto nella verità?
E’ questo il senso dell’Esodo.
L’Esodo: la certezza che Dio ha agito all’interno di una liberazione umana.
Come è possibile parlare ancora oggi dell’Esodo?
Non si tratta di un avvenimento lontano nel tempo, di un racconto in cui si mescolano storia e leggenda? Che portata può avere questo “fatto di cronaca” che in fondo tocca solo un piccolo gruppo umano senza grande importanza? La nostra epoca conosce cambiamenti ben più grandi. Da dove deriva il fascino dei questa storia lontana?
Riportiamoci all’assemblea di Sichem, al cap.24 del libro di Giosuè (cfr Gn). In quella località situata al centro attuale della Palestina, verso il 1200 a.C. si incontrano varie tribù semite. Hanno tutte origine quasi comune, dedite alla vita nomade. Di solito si accampano alle porte delle città cananee, alla ricerca dei pascoli migliori per le loro greggi.
Alcuni di questi gruppi si sono insediati da tempo nel paese. Altri vi sono appena arrivati. Provengono dall’Egitto dove in passato erano scesi i loro antenati a causa di carestie legate a periodi di grande siccità. Ora questo ritorno dall’Egitto si è effettuato in condizioni incredibili. Costituisce una vera e propria liberazione.
Si può peraltro pensare che vi siano stati vari ritorni dall’Egitto. Varie liberazioni.
Un primo gruppo sembra essere stato cacciato dal paese del faraone. Il fatto potrebbe salire al XV° sec. a.C. e essere la conseguenza di una reazione egiziana contro gli Hyksos, semiti stranieri che a poco a poco avevano preso il potere nell’impero. Presi nel turbine di questi movimenti di popolazioni, alcuni ebrei si sarebbero allora assediati nell’oasi di Kades, nel sud della Palestina, dove avrebbero + tardi, incontrato il secondo gruppo.
Per questi ultimi, la partenza, avvenuta verso il sec. XIII°, avrebbe assunto la forma di fuga. Erano fuggiti di nascosto, di notte da un paese in cui erano diventati schiavi, costretti ai lavori forzati per le grandi costruzioni faraoniche. Gli ebrei, guidati da Mosè, sono stati inseguiti dai loro oppressori e solo per miracolo sono riusciti a sfuggire al pericolo di essere presi. Sono tornati nel paese di Canaan per una via traversa che li ha portati in mezzo al deserto del Sinai.
Quanti hanno vissuto questa avventura sono animati in ogni caso da una stessa certezza: è Dio che ha agito, un Dio che si chiama JHWH. Egli ha realizzato la promessa fatta agli antichi patriarchi: quella di dare una terra a coloro che ha costituito suoi alleati: Ma, in cambio, chiede che si leghino solo a lui e che osservino la sua legge.
Tra coloro che ascoltano questi racconti, molti hanno dimenticato il Dio degli antenati e si sono legati agli dei del luogo. Ma l’entusiasmo dei nuovi alleati li convince. Si legheranno ormai a JHWH, e la storia dei loro fratelli diventa la loro storia. Si tracciano le linee di un’epopea comune a tutti vi si riconoscano.
Un racconto arricchito lungo il tempo.
Nei secoli seguenti, questa epopea, ripetuta costantemente, sarà riformulata. Vari racconti all’inizio distinti, saranno fusi in un tutto sempre + organico. Questo complesso verrà inoltre arricchito dalle interpretazioni che si daranno alle antiche storie, alla luce di avvenimenti + recenti. Alcuni documenti scritti fisseranno le tradizioni , quello dello Jahvista, quello dell’Elohista, poi, al tempo dell’esilio, il documento sacerdotale (cfr. introd. Pentateuco). Il libro attuale dell’Esodo ci offre una sintesi che porta a conclusione questa lunga evoluzione di ricordi.
Certamente, tale sintesi finale non può essere considerata come un libro storico, nel senso moderno del termine. Succede + di una volta che alcune leggende si mescolino a ricordi autentici. La certezza che ciò che è avvenuto è opera di Dio porta a presentazioni schematiche dei fatti o ad amplificazioni che trasformano un avvenimento, forse di secondaria importanza, in epopea. Le scienze storiche attuali permettono tuttavia di confermare il valore globale del racconto. Attraverso avvenimenti del tutto reali, probabilmente sotto il regno del Faraone Ramses II° /1250 a.Cr.), un gruppo umano è pervenuto all’idea di un Dio che opera all’interno della storia.
Tale storia può senza dubbio essere considerata solo come un piccolo fatto politico riguardante un gruppo limitato. In realtà, è diventata un germe straordinario, che porta a reinterpretare tutta l’esistenza umana.
Il significato dato a una prima liberazione si è in seguito allargato fino ad abbracciare tutte le altre liberazioni di cui si è intravvista la necessità, man mano che continuava l’avventura inaugurata al momento dell’Esodo. La sofferta privazione di una propria terra si è trasformata nel desiderio di un luogo in cui fosse finalmente possibile vivere in pienezza. E’ allora apparso evidente essere questo il senso della promessa divina. La meditazione giudaica porterà a considerare l’Esodo come l’inizio di una liberazione + radicele che può riguardare, questa volta, tutta l’umanità. La riflessione cristiana, a sua volta, intenderà ancora approfondire quell’antico episodio: sullo sfondo della storia di Gesù, lo rileggerà come una prima pasqua che fonda la città universale degli uomini finalmente capaci di riconoscersi nell’amore, poiché avranno scoperto in Cristo il vero volto di Dio.
Che importanza può avere il carattere ingenuo dell’Es. paragonato ad altri es. Il vero problema è: la fede che, un tempo, animò alcune tribù, intravvedere un al di là sconfinato, può ancora farci cogliere un al di là rispetto al cammino umanità in cerca terra promessa? Si tratta, in altre parole, di sapere se la storia umana è sempre il luogo dell’incontro con Dio.
Mosè, l’uomo di Dio
E’ impossibile presentare il libro dell’Es. senza soffermarsi che domina in tutta questa avventura: Mosè.
Alcuni storici del passato hanno voluto minimizzare il suo ruolo, o addirittura negare la sua esistenza: si tratta solo di un mito. Oggi, al contrario, le ricerche storiche gli ridanno importanza. Si sa, certamente, che nel racconto della sua vita sono stati introdotti alcuni tratti legendari: Ma la loro ragion d’essere è proprio quella di esaltare una persona di cui non è possibile esprimere tutta la grandezza, a tal punto ha segnato la storia del suo popolo, e quella umana in generale.
Mosè è innanzitutto l’uomo di Dio. In lui si è rinnovata l’esperienza religiosa umana. Afferrato da un assoluto che gli ha detto: “Io sono il tuo Dio”, restò ormai posseduto da questa presenza vivente. Neppure a lui, come a nessun uomo, fu dato di vedere Dio faccia a faccia. Ma la B. ci dice che JHWH gli si manifestò “di spalle” e che egli non cessò di risplendere per questa visione indiretta dell’Onnipotente. Ha innanzitutto scoperto Dio nella privazione del deserto. Ma, in seguito, continuerà a ritrovarlo all’interno di un altro deserto, non meno arido del primo: quello dell’avventura collettiva che dovette guidare vivendo in una solitudine non meno grande di quella precedente: quella dell’incomprensione, della lotta contro i desideri di una massa cieca. Divenne così il tipo del mistico e insieme dell’uomo di azione.
Mosè è l’uomo di un popolo: Egli, che le circostanze avevano predisposto a dimenticare la sua identità ebraica e a diventare un uomo di potere “ricuperato” dalla classe faraonica dominante, riscoprì all’improvviso la sua gente: “Si recò dai suoi fratelli” (Es.2. 11): visita sconvolgente, che lo legherà per sempre ad essi. Sarà totalmente solidale con loro, rifiutando anche la proposta divina di sterminare quel gruppo ribelle e di ricominciare l’avventura da zero.
Diventò anche, di conseguenza, l’uomo della fraternità universale. Se infatti Israele riconosce il vero significato della liberazione che ha sperimentato, non può essere ormai che colui che libera gli altri, i poveri, gli stranieri. Ormai, e per sempre, l’uomo ha acquistato un valore.
Mosè è infine l’uomo della Torà una Torà che è molto di + di ciò che può significare il termine italiano “legge” con cui si traduce la parola ebraica.
La Torà è un nuovo orientamento della vita, segnato dalla scoperta che un uomo liberato non può più vivere come gli altri. E’ la possibilità aperta di partecipare alla vita stessa di Dio che agisce nel mondo. Consiste infine in una chiamata fondamentale alla santità. Consegnando questa Torà, Mosè ha la convinzione di aver dato agli uomini la chiave stessa dell’avventura umana.
Da Mosè a Gesù.
Nonostante i conflitti che, in seguito, potranno opporre giudei e cristiani a proposito dell’interpretazione della legge mosaica e, attraverso di essa a proposito dei ruoli rispettivi di Mosè e di Gesù, ma i cristiani accetteranno di rompere il vincolo che li lega all’antenato del popolo ebraico. Per essi, egli rimarrà sempre il fedele per eccellenza, l’uomo della fede totale in Dio. Non potrà mai venir meno il riferimento a lui, come faceva già Cristo. Proprio nel momento in cui presentava il suo insegnamento, Gesù aveva dichiarato di non aver niente altro che portare a compimento la Torà. E durante la sua vita non ha forse portato a compimento il cammino un tempo inaugurato da Mosè, pervenendo a quel traguardo che rappresenta la pienezza della promessa.