don Bruno Maggioni – conferenza 1977
DON BRUNO MAGGIONI
Schema: 3 premesse
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Alcune considerazioni tratte dalle introduzioni ai riti dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
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Due testi del NT.
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Caratteristiche costanti del NT.
A. Un esempio di catechesi cristiana nel NT. (Mc) come risposta a tre interrogativi.
B. Aspetto comunitario dell’iniziazione cristiana.
Prima premessa: alcuni spunti tratti dalle introduzioni e dalle premesse ai riti dei sacramenti della iniziazione cristiana (premesse fatte dalla chiesa dopo il Vaticano II per spiegare cosa sono i sacramenti e come si devono impartire) si tratta di spunti degni di interesse e profondamente biblici.
I sacramenti dell’iniziazione (battesimo cresima eucaristia) devono essere considerati insieme e in progressività: cioè non si tratta semplicemente di vedere che cosa significa il Battesimo, che cosa significa l’eucaristia, che cosa significa la cresima; non si tratta semplicemente di vedere che cosa mi dà di più l’uno o l’altro, qual è la grazia particolare di ciascuno, questioni valide queste, ma qualche volta imbarazzanti, perché la grazia della cresima assomiglia così tanto a quella del battesimo e tutte e tre si assomigliano tanto, ma non è lì il problema. Siamo invitati a vedere in essi una progressività, una storia, che si approfondisce, che progredisce; ecco, i sacramenti sono 3 anziché uno perché devono costituire un viaggio, una iniziazione, una storia. Per cui la cosa importante a questo punto è di chiedersi quale storia della salvezza, che viene simboleggiata e nello stesso tempo realizzata, attraverso questi sacramenti ).
Intanto si scopre che in questa storia, sia nel battesimo, sia nella cresima, sia nell’eucaristia, non solo nei 3 sacramenti, ma nella vita di ogni uomo che vive questi sacramenti ) in questa storia gli attori, i protagonisti sono sempre quelli: Dio, Cristo, lo Spirito Santo.
Poi è identico il mistero che i sacramenti ci fanno vedere, verso il quale andiamo che si cerca di penetrare ed è il mistero pasquale, la morte e resurrezione di Cristo. E poi sono identiche le leggi di sviluppo. Per es. una prima legge è che l’iniziativa è di Dio, è la legge della grazia; la centralità del Cristo evidentemente è un dato che continuamente ricorre. Poi è una storia che si sviluppa attraverso una duplice fedeltà, la fedeltà a Dio ma anche la fedeltà all’uomo, che in altri termini potremmo dire preghiera e lavoro, azione di Dio, ma anche libertà e azione da parte dell’uomo, fedeltà alla Parola di Dio e fedeltà alla storia cioè a Dio e all’uomo. Poi è una storia che si sviluppa secondo uno schema e precisamente secondo lo schema della promessa, cioè ciò che fai, ciò che sei non è tutto, è un anticipo, è qualche cosa che contiene una promessa di qualche cosa che verrà dopo; cioè tu sei sempre in viaggio, quello che hai tra le mani compreso l’amore di Dio che ti raggiunge, è un anticipo, è una promessa di uno sviluppo ulteriore, per cui se tu ti fermassi sbaglieresti tutto. E poi è una storia quella che tu vivi e che questi sacramenti vogliono farti vivere, una storia diciamo esemplare: cioè quello che tu vivi, quello che tu diventi non è per te ma per tutti.
Infine è una storia comunitaria ed è una storia nella quale lo Spirito Santo che fa da legame e da unione perché la nostra storia è così frammentaria, ma in realtà c’è lo Spirito Santo che la lega. Non ho fatto altro che concentrare in un modo rapido moltissime cose che però pian piano andando avanti nel discorso cercheremo di chiarire. Ma la cosa che mi premeva era una sola: dobbiamo vedere la vita cristiana sia come catechesi che come vita sacramentale, proprio come un viaggio, una storia e non considerare i sacramenti come dei punti staccati che capitano nella nostra vita. Ho trovato in queste premesse ai sacramenti dell’iniziazione una seconda sottolineatura ed è la sottolineatura della fede.
E’ chiaro che i sacramenti operano perché è Dio che li fa operare, però ho notato che queste prefazioni ai nuovi riti sottolineano molto il tema della fede; cioè chi si accosta al sacramento deve credere, deve aprirsi alla fede e ciò che importa da parte della Chiesa e della sua pastorale è l’annuncio che fa credere e non semplicemente l’amministrazione dei sacramenti. Non solo ho notato l’importanza della fede, ho notato che si indica anche che cosa credere: la fede è diventata un po’ un termine equivoco, credere sì ma che cosa? Si possono credere cose talmente diverse. In questi testi quando si dice fede si intende credere la morte e resurrezione di Gesù, quindi qualcosa di molto preciso. Inoltre ancora una volta si presenta la fede come un viaggio, cioè si parla di una fede iniziale, di una fede che matura, cioè la progressività anche della fede. Ma quel che mi interessava era la sottolineatura della fede, il sacramento diventa qualcosa di vivo in un contesto di fede; deve credere la comunità che lo amministra e deve credere chi riceve un sacramento: è questione di fede.
Terza osservazione che ho trovato nei soliti testi più volte citati è la sottolineatura dell’aspetto comunitario, cioè i sacramenti sono dei fatti comunitari. Ho già detto che la comunità che li amministra, anche se questa amministrazione può avvenire attraverso il presidente che può essere un sacerdote, oppure in certi sacramenti anche un laico ma comunque si muovono sempre con alle spalle una comunità: in fondo in che cosa consiste la iniziazione cristiana? Prendere un individuo e condurlo a far parte di una comunità strapparlo dal suo isolamento e aprirlo alla comunione, questo è il viaggio, dalla solitudine alla comunità, dal per te al per gli altri, quindi si tratta di coinvolgerlo progressivamente in una comunità, purchè questa comunità esista. Non è solo un viaggio dalla solitudine alla comunità, ma il viaggio avviene dentro una comunità, altro modo per dire che ci vuole una comunità.
La catechesi, l’iniziazione uno la può fare sul serio e può crescere nella vita comunitaria se tutta l’iniziativa avviene all’interno di una comunità. Quindi un viaggio verso la comunità, ma un viaggio che si sviluppa in compagnia di altri e questa mi è sembrata una sottolineatura veramente interessante.
Seconda premessa. Come seconda premessa vorrei leggervi due testi del NT, due brevissimi testi che sono certamente in linea con il nostro discorso perché trattano del sacramento del Battesimo. Il primo testo è Mt. 28, 16-20 cioè proprio la chiusura del Vangelo di Mt.
Il secondo è il testo di Mc. 16,15-20 è un’altra volta la chiusura del Vangelo. “Poi disse loro: andate nel mondo intero e predicate l’evangelo a tutta la creazione, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato; e questi saranno i miracoli che accompagneranno i credenti: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove , prenderanno in mano i serpenti e se berranno qualche bevanda mortifera non farà loro alcun male, imporranno le mani ai malati e questi saranno guariti. Dopo aver loro parlato il Signore fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio. Essi se ne andarono a predicare dappertutto con la cooperazione del Signore i quale confermava la Parola con i miracoli che l’accompagnavano.”
Ecco due testi: vediamo di ricavarci qualcosa.
Anzitutto c’è un legame sia in Mt sia in Mc un legame fra Battesimo e annuncio, battesimo e catechesi, sacramento e insegnamento. L’annuncio poi si specifica: per es. in Mt abbiamo trovato due verbi, uno “fate discepole” e l’altro “insegnate”. I due verbi corrispondono a due modi che sono in progressione. Il primo quello di fare discepoli indica quell’annuncio che fa passare dalla non fede alla fede, dalla conoscenza di Cristo, alla conoscenza di Cristo in modo che uno diventi discepolo; questo annuncio consiste nel delineare la storia di Cristo e nel proporre la scelta di Cristo in modo che tu ti decida a seguire quella scelta. Invece l’insegnamento indica proprio un insegnamento più sistematico, più completo, più teologico; colui che è credente approfondisce la sua fede, vede tutte le implicanze della fede che ha assunto. Non credo però che Mt voglia dire che prima di battezzare uno, questo insegnamento debba essere completato. Io ho l’impressione che Mt dica: questo uno ha fede si può anche battezzare e dopo il Battesimo continuerà l’insegnamento, non mi sembra tanto giusta l’idea che prima di battezzare uno lo provo e poi lo provo un’altra volta ancora perché parto dalla convenzione che quando uno è battezzato non deve fare più peccati.
La Chiesa rischia anche un po’; la prima comunità ho l’impressione che pur essendo severa rischiavano anche un po’, si fidavano anche della fedeltà di Dio e della grazia: altrimenti non battezziamo più nessuno. Inoltre sia Mt che Mc sottolineano la universalità della catechesi: la proposta avviene davanti a tutti e per tutti. Infine soprattutto Mt ha sottolineato la comunitarietà: fate discepoli tutte le genti, far discepolo non vuol dire solo parlare di Cristo, ma discepolo è colui che vive in una comunità. Vedete che in definitiva anche attraverso questi due testi abbiamo trovato quanto avevamo trovato nella prima premessa, cioè l’annuncio del vangelo, la fede, la conoscenza, la progressività e la comunità.
Terza premessa, più generale:
se noi leggiamo il NT nel suo complesso ci accorgiamo di due fattori: anzitutto ci imbattiamo in una diversità, perché il modo di predicare di Mc non è uguale a quello di Gv, cioè ci incontriamo con comunità diverse che annunciavano tutte il Cristo, tutte battezzavano, tutte facevano questa catechesi dell’iniziazione, però le forme erano diverse. Però, ecco il punto, dietro questa diversità molteplice, a mio parere più profonda delle diversità che esistono oggi fra i gruppi (per cui la diversità non deve spaventare) dietro la diversità c’erano però delle cose comuni, irrinunciabili, costanti. Anzitutto vorrei enunciare delle costanti di stile, di forma, che però sono veramente importanti.
La prima costante che si ripete sempre nella catechesi neotestamentaria è la fedeltà da una parte alla Parola di Dio, perché devo annunciare il Cristo e non qualche cosa che a me piace, o che noi abbiamo inventato, o d’altra parte uno sforzo veramente profondo di aggiornamento, di adattamento all’uomo ai suoi problemi, alla situazione: l’essere fuori dalla storia svuota l’efficacia della catechesi, esattamente come l’efficacia della catechesi è svuotata se sei fuori da Cristo, se invece di parlare di Cristo parli di una cosa di moda è chiaro che non fai catechesi, ma anche se parli di Cristo come se ne parlava una volta, fuori dalla storia, la tua catechesi di certo non è efficace.
Una seconda costante: la catechesi si muove all’interno di una convinzione, cioè la convinzione che questo tempo è tempo adatto alla salvezza, non è un tempo qualsiasi è il tempo nel quale la Parola di Dio risuona con tutta la sua potenza, nel quale tu ti devi decidere, o sì o no; quindi la Parola di Dio veniva presentata con urgenza, con una certa drammaticità: devi dire sì o no, hai il tempo adatto da non perdere, è la grande occasione. Ma c’è una ulteriore convinzione, ancora più profonda: il Cristo in questo tempo di salvezza agisce nella mia parola con cui cerco di fare la catechesi dell’iniziazione, in questa mia parola è presente Cristo, lo spirito di Cristo con la sua potenza, è lui che agisce. C’era questa fede, c’era questa convinzione.
Ancora un altro elemento costante è la testimonianza, cioè colui che parlava e si trattava in fondo di una comunità, non era semplicemente un soggetto parlante, ma garantiva ciò che diceva: realizzava così la Parola di Gesù ai primi discepoli: che cosa cercate? Venite e vedete.
A. Tre interrogativi presi dal Vangelo di Mc: chi è Cristo, chi è il cristiano, dov’è il Regno di Dio?
Tre sono gli interrogativi propri del catecumeno, e li troviamo nel Vangelo di Mc.
Chi è Cristo? A questo primo interrogativo ne corrisponde un secondo: ma il cristiano, chi è? Che significa, che cosa deve fare il discepolo? E accanto a questi due interrogativi un terzo: il Regno di Dio, cioè la presenza di Dio oggi nel mondo, nella storia, la forza vittoriosa della resurrezione del Cristo, tutto questo dov’è? quali sono i segni della sua presenza? insomma qual è la politica del regno di Dio in mezzo a questa storia umana? Perché il discepolo già al tempo di Mc provava scandalo di fronte a un Cristo che è venuto, ha detto di essere figlio di Dio, è morto sulla croce, è risorto dicendo che l’amore vince, però dopo che è risorto tutto è continuato come prima, l’amore continua a essere sputacchiato e a perdere?
La catechesi dell’iniziazione non si perde su particolari. Ancora Mc non si limita a spiegare il mistero di Cristo concentrandosi su questi tre interrogativi, egli cerca di coinvolgere il catecumeno, l’ascoltatore cioè di trascinarlo dentro a questa storia; è il tema della sequela che inizia fin dalle prime pagine, cioè mentre parla a questo gruppo di catecumeni a prendere man mano delle decisioni, perché Mc è convinto che il mistero di Cristo nel suo centro lo si capisce non semplicemente raccontandolo, ma vivendolo dall’interno. Si capisce allora perché i discepoli comprendono la predicazione di Gesù e gli altri no, perché certi sentono la stessa predicazione, vedono gli stessi miracoli e non capiscono: perché? La risposta di Mc in fondo è questa: appunto perché per capire bisogna essere dentro, quindi man mano che si fa catechesi bisogna coinvolgere coloro che ascoltano; il coinvolgimento segna il livello della comprensione e la comprensione aumenta man mano che uno si lascia coinvolgere. Quindi non si tratta solo di raccontare una storia, quella di Gesù, di raccontare un viaggio, ma di far fare un viaggio a colui che hai davanti.
Oltre a un insegnamento globale che si approfondisce sempre più, oltre che costringere l’ascoltatore a fare questo viaggio e a lasciarsi coinvolgere Mc è anche attento a rispondere alle difficoltà dell’ascoltatore, a quelle difficoltà che emergono, non tanto a livello intellettuale, ma a livello di coinvolgimento. Cioè man mano che il discepolo che si lascia prendere, capisce che deve rinunciare, nascono degli interrogativi, nascono dei dubbi, il discepolo si difende, l’ascoltatore si difende, trova tanti ragionamenti per dire che non ha capito, come per es. fanno i farisei. Mc è attento a cogliere queste difese, però è attento anche a smentirle, cioè Mc ti fa capire che quel ragionamento che hai portato per dire che il messaggio di Cristo non va, non è la vera ragione ma una scusa – se poi l’ascoltatore è intellettuale, ama ragionare e mascherare le vere resistenze profonde con altre cose che non c’entrano.-
Mc mette a nudo l’ascoltatore, lo mette di fronte a se stesso senza maschere e lo costringe a non essere in contraddizione ma a scoprire qual è la vera resistenza al Cristo.
Ecco per tutto questo il Vangelo di Mc a mio parere non è solo un es. di iniziazione cristiana, ma un es. veramente intelligente.
Dopo le regole pedagogiche ora il contenuto. Abbiamo visto i tre interrogativi.
Chi è Cristo? L’iniziazione cristiana nel NT è veramente la risposta a questa domanda, chi è il Cristo, e si deve dare una risposta esauriente, centrale perché la parola iniziazione sembrerebbe quasi invitare a incominciare col dare una risposta facile; no a grandi e piccoli si deve presentare il mistero nel suo centro, non solo ai progrediti, ma anche agli iniziandi. Solo che bisogna decidere quale è il centro del mistero di Cristo. Io posso anche presentare il Cristo come un Maestro di dottrina, il Cristo moralista che ha una dottrina e una morale e allora fare catechesi sarebbe anzitutto dare delle norme morali che vengono da Cristo (col rischio di ridurre il cristianesimo a delle norme morali che servono ai genitori per far obbedire i figli alla loro volontà, che possono servire alla società per fare dei bravi cittadini, o agli insegnanti per aver avanti dei discepoli docili).
E’ questo innanzitutto il Cristo? E’ un maestro di dottrina? un maestro moralista? Oppure il suo mistero è più a monte? Possiamo dire che il centro del mistero è che Cristo è Dio? Ma non è ancora il centro chiarito: chi è Dio? Che tipo di Dio? Si può pensare Dio in tanti modi.
Per fare l’iniziazione cristiana devo parlare di Dio, ma del Dio di Gesù Cristo e questa è tutta la problematica che ha davanti Mc, perché già al suo tempo si rischiava di presentare il Cristo come un moralista e l’iniziazione cristiana come una morale e basta. Ecco allora la necessità di sottolineare l’originalità cristiana del Gesù Cristo autentico cioè il fatto che Dio si è rivelato in Gesù di Nazaret. Questo è il primo elemento dell’originalità cristiana del Gesù Cristo autentico, cioè il fatto che Dio si è rivelato in Gesù, in un uomo completamente uomo (quindi non è nemico dell’uomo, per manifestarsi non ha bisogno di spegnere qualcosa che l’uomo ha dentro) ma non solo in un uomo, ma per così dire in un povero uomo, un uomo che non era splendido, un uomo che non era l’imperatore di Roma, che non era un grande. Ecco allora che Dio si è manifestato nella debolezza, nella povertà, nell’uomo comune, si è manifestato come un Dio che per salvare la storia umana, per creare la sua vittoria non ha imposto l’amore, non ha imposto la verità, non ha imposto la solidarietà, ma ha creduto nell’amore, cioè ha vissuto la solidarietà, ha amato gli uomini fino in fondo, e quando gli uomini si sono stancati di Lui e lo hanno eliminato Lui ha continuato ad amarli, ha offerto la sua morte per loro; cioè è un Dio che si è fidato della debolezza dell’amore di un amore così debole e così perdente. Noi invece diciamo se mi fido dell’amore sono un idealista ma non costruisco niente, per cui la verità e la giustizia la devo imporre magari con una dittatura.
Al contrario Cristo si è fidato della debolezza dell’amore, è andato a fondo a questa debolezza, solo, sulla croce, sconfitto e pure vittorioso: la vittoria di Dio avviene nella debolezza dell’amore, Dio non ha imposto l’amore, non ha imposto la verità.
In fondo la differenza tra il faraone d’Egitto e il Dio d’Israele è proprio qui, il faraone voleva un’obbedienza da Israele e per ottenerla doveva imporla perché sapeva che se non la imponeva non l’avrebbe ottenuta – al faraone non interessavano gli uomini, interessava ciò che gli uomini producono – invece il Dio d’Israele voleva dal suo popolo una obbedienza, ma a lui non interessava il prodotto dell’obbedienza, interessa che l’uomo obbedisca, vuole l’obbedienza, ma non la impone, non costringe perché l’obbedienza costretta non è più niente. A Lui interessano gli uomini, al faraone interessa ciò che gli uomini fanno, è una mentalità profondamente diversa.
L’idea centrale è la solidarietà: Dio quando è venuto uomo non ha detto io sono innocente, i peccati sono vostri, arrangiatevi, ma ha fatto scattare questa solidarietà.
E’ questo il mistero da capire, questo è il Dio di Gesù Cristo: è la croce però la croce che non è intesa anzitutto come patria e come sacrificio, ma come amore e come solidarietà – che poi l’amore e la solidarietà comportino sacrificio è pur vero. – In pratica quando Cristo muore sulla croce ecco che il centurione vedendolo morire esclama “costui è il figlio di dio”: questo è il catecumeno che ha capito, che ha fatto sul serio l’iniziazione, ha capito vedendolo morire, ha capito che il mistero di Dio lo si coglie nella croce, lo si coglie nel gesto di solidarietà e amore.
Però non è tutto qui il mistero da capire, il centro dell’iniziazione cristiana. Bisogna arrivare al mistero pasquale: è questa la cosa da capire, non basta capire che Dio si è manifestato sulla croce come amore e come servizio, c’è l’altra parte, la resurrezione. L’amore e il servizio che sembrano delle cose che non contano, delle cose sconfitte, in realtà sono cose vittoriose, perché Gesù è risorto. In fondo il mistero non consiste nell’esempio di un uomo che avendo deciso di vivere l’amore è stato emarginato e finito sulla croce (che novità è questa? quanta gente ha fatto la stessa fine, anzitutto coloro che vivono la stessa strada chissà perché finiscono sempre sulla croce) Quale novità sarebbe se il figlio di Dio si fosse incarnato e avesse preso le forme di uno che si impone, di un dominatore, di uno che emerge dalla storia e impone la sua volontà agli altri, se si fosse incarnato nelle forme dell’imperatore di Roma, avesse imposto l’ordine e la pace, sarebbe stata una novità? no! la storia è piena di tutto ciò e appena sembra che queste cose non succedano più, appena ha fatto tempo a dire non succedono più succedono di nuovo.
Quindi la novità è che quest’uomo che ha creduto nell’amore e sembrava sconfitto adesso è risorto. La debolezza dell’amore è vittoria; questo è il centro da capire, non è facile da capire, non perché intellettualmente difficile, ma perché immediatamente ti impegna nella sequela.
Ed ecco il secondo punto: chi è il discepolo? Mc sembra dire: hai capito chi è Cristo, ecco quello è il discepolo. Hai capito cosa significa il centro, cioè la morte resurrezione, qual è la logica –morte – resurrezione, – chi ha capito quello è discepolo.
Evidentemente Mc anche letterariamente è geniale e mette sempre dei testi che piano piano spiegano chi è Gesù e subito accanto dei testi che spiegano chi è il discepolo. Man mano che capisce chi è Gesù, il discepolo capisce dove deve andare a finire è per questo che nascono le resistenze ed è per questo che il discepolo non vuole capire.
C’è un testo di Mc dove dice che i discepoli non capivano e su questo avevano paura a interrogarlo, cioè non era proprio che non capivano, era meglio per loro non capire, avevano paura di capire, questo è il punto, man mano che il Cristo rivela se stesso anche il discepolo capisce se stesso.
Nel Vangelo dal punto di vista storico si ha anche l’impressione che il discepolo all’inizio quando si è lasciato coinvolgere dal Cristo non sapeva dove sarebbe andato a finire, perché quando ti lasci coinvolgere all’inizio ti lasci coinvolgere con quella comprensione che hai sul momento e questo credo corrisponda pure a un dato d’esperienza. Sappiamo in astratto che cosa significa essere cristiani, ma in concreto il discorso si chiarifica man mano che lo vivi; quando incominci chissà poi dove vai a finire, e dopo un po’ di tempo ti chiedi dove sei andato a finire: se lo sapevo all’inizio non avrei nemmeno incominciato, il che è profondamente vero, ma il problema è di far scattare qualche cosa nella vita man mano che dentro di te c’è una comprensione di Cristo, è per questo che gli uomini troppo lucidi rischiano di non fare scattare mai niente, perché quando scatta una piccola scelta intuiscono dove porta la fedeltà a quella scelta. Vi dicevo della resistenza del discepolo. Facciamo un es. tratto da Mc 2 – 3,6. E’ una sezione di controversie fra Gesù e i farisei. E’ un capitolo molto bello per vedere la ragione profonda dello scontro, perché i farisei hanno rifiutato Cristo, intendendo i farisei come l’uomo che fa resistenza a Cristo. La ragione più profonda dello scontro non è la questione del sabato e del digiuno, ma è simboleggiata dalle due parabole della pezza nuova sul vestito vecchio e del vino nuovo nelle vecchie botti. Questo è il vero punto di scontro che vale per tutti gli uomini, anche per le altre forme di mentalità. I farisei si aspettavano un Messia che non sconvolgesse il loro sistema mentale e religioso, ma che si ponesse come difensore di quel sistema cioè un Messia che venisse e dicesse: la vostra legge e il vostro modo di interpretare la legge è valido, osservatelo ancora di più. Tuttalpiù avrebbe accettato qualche riforma su qualche particolare. Non c’è più posto in questa concezione per un messia che è profeta, che ha qualche cosa di nuovo e sconvolgente che esige un capovolgimento di mentalità e di sistema.
Gesù è stato rifiutato per questo e questa è la vera resistenza: non volevano cambiare. Ma cosa era questo cambiamento da fare?
In definitiva tutte le affermazioni di Gesù si riducono a questa: Dio vuole bene agli uomini, è venuto a perdonare, a guarire; loro si attendevano un Dio che giudicasse gli uomini, così lo scandalo di un Dio venuto così facilmente a perdonare e guarire. Certamente l’uomo è per Dio, però intendiamoci quale Dio? Un Dio che trova la sua gloria nel bene dell’uomo, per cui vuol dire che l’uomo per Dio e Dio per l’uomo è la stessa cosa. E’ questo Dio per l’uomo che non è accettato; i farisei preferivano un Dio che si imponesse all’uomo, un Dio che lo sacrificasse, un Dio che spadroneggiasse, lo preferivano perché è un Dio più comodo perché allora tu a nome di Dio puoi fare altrettanto. Allora in definitiva Mc ci fa capire che la vera resistenza è questo fatto interno, di non vere cambiare e soprattutto di non voler cambiare su questa prospettiva: non gli altri per te, ma tu per gli altri.
B Aspetto comunitario della catechesi.
Non si può parlare di iniziazione cristiana se non dentro la comunità cristiana. Ecco allora l’urgenza per la pastorale di una comunità cristiana evidentemente di una comunità cristiana corretta, perché dobbiamo chiederci se è corretta la nostra comunità cristiana. Allora ridurrei il mio intervento a 3 punti che mi sembrano derivanti dal N.T.
La prima affermazione che faccio è questa: deve trattarsi di una comunità che vive la memoria di Gesù morto e risorto, cioè una comunità che vive la logica del Battesimo, perché una comunità che battezza deve essere anzitutto una comunità che vive la logica battesimale, ma si potrebbe dire la stessa cosa dell’eucaristia e della cresima; per es. la cresima è il dono dello Spirito santo e la comunità amministra la cresima proprio perché questa comunità amministra lo “Spirito”, lo “possiede”, lo “vive”.
Questa comunità che vive la memoria di Gesù si pone nel mondo in un determinato modo: questo è importante, per es. una comunità che vive veramente la memoria di Gesù, che vive davvero la logica battesimale, non solidarizza con il peccato e con le divisioni del mondo, non è una comunità in pace col mondo e quindi con la logica che guida il mondo, con la competizione del mondo, non è una comunità che benedice le bandiere su un fronte e sull’altro per fare la guerra. No! Non può solidarizzare con questa logica. Vi dicevo che secondo me Gesù solidarizza con la storia, è vero, ma non con gli equilibri della storia, non con la logica del peccato che spesso guida la storia. Il racconto della tentazione dice che Cristo non ha ceduto alla tentazione, cioè si è separato dalla logica del peccato che guida spesso il modo.
Tra l’altro sarebbe molto interessante vedere nel Vangelo di Mc il rapporto tra Cristo e la folla: si vede Gesù che va in cerca della folla, non cede mai alla tentazione di separarsi dalla gente nel senso di dire “ma la folla vada dove vuole, io con il mio gruppo vivo la gloria di Dio “ come facevano i monaci del tempo, i monaci esseni che si tiravano sulle rive del mar Morto. Cristo non si mai isolato e anche quando ha visto che era sempre più emarginato e sarebbe finito solo, sulla croce, non si è separato dalla folla; ma è solidale con essa, però non con le false attese della folla; la folla cerca miracoli e lui non l’accontenta; questa è la differenza tra il profeta e il demagogo; il profeta che non vuole veramente il bene della folla ma il proprio potere cede alle lusinghe della folla e fa quello che vuole.
E’ necessario quindi che la comunità che ha il coraggio di vivere un momento critico profetico, che non cede al desiderio di essere in troppi invece si impegna a essere fedeli a Cristo e agli uomini. Spesso per essere fedeli agli uomini bisogna anche avere il coraggio di smentirli, di non dar ragione, di non dire ciò che gli uomini vorrebbero sia detto, ciò che piace, ciò che è di moda. Se permettete una parentesi , stando sempre alla Bibbia è molto importante per avere questa libertà e questa solidarietà autentica affermare il primato di Dio. Non è a caso che nello stesso Vangelo quando si parla dell’amore del prossimo si afferma prima il primato di Dio, ama Dio con tutto te stesso, e poi il secondo comandamento. Dicendo prima Dio e poi l’uomo sembra che l’uomo vie in seconda linea, l’uomo viene trascurato quasi che i cristiani vedono Dio e se ne infischiano dell’uomo. E’ il contrario, almeno che non si intenda un Dio sbagliato; proprio per salvare l’uomo bisogna affermare secondo il Vangelo il primato di Dio, cioè tu non devi avere idoli nel tuo amore, se non uno solo che è Dio, niente deve essere un idolo se non Dio, neppure il prossimo è un idolo, neppure l’uomo deve diventare un idolo, se tu idolatri l’uomo finisci per tradirlo e anche se idolatri te stesso finisci per tradire gli altri, per cui quando si afferma la libertà la libertà cristiana si deve intendere non una libertà nel senso che se erigo me stesso a metro di decisione o di valore, ma mi libero da tutto perché appartengo a Dio. Se un uomo erige se stesso a metro di valore quest’uomo strumentalizza gli altri, perché la misura degli altri non collima con i suoi interessi e allora li devi combattere. Ma se anche un altro è diventato il tuo idolo finisci un’altra volta per tradire gli altri. Per cui vale la pena a mio parere di fare Dio la ragione profonda della propria esistenza e allora sei libero. Cristo è rimasto a morire per gli altri e a dir la verità anche a costo di rimanere solo perché la sua sicurezza era solo dio.
E’ proprio qui la differenza tra il demagogo e il profeta: il demagogo ha bisogno degli altri, la propria sicurezza ce l’ha altrove. Quando si dice che bisogna amare il prossimo per dio non significa strumentalizzare il prossimo, utilizzarlo per acquisire meriti e dar lode a dio, vuol dire amare il prossimo con lo stesso amore di Dio, cioè un amore critico, un amore libero, che dice la verità anche a costo di rimanere solo. Questa è proprio la differenza fra il demagogo e il profeta il quale di solito subisce come prima smentita , la più profonda, non quella dei potenti – sa già in partenza che sarà smentito da loro e non va in crisi per questo – il profeta nella sua vita sperimenta anche l’abbandono della folla per cui si batte, il popolo non lo capisce, tanto è vero che gli altri più furbi, i demagoghi, finiscono sempre con il giocare il profeta. Come Cristo che non soltanto non è stato capito dai farisei, ma nemmeno dalla folla che lo ha abbandonato. Questo è importante per dire che tipo di Chiesa che ci vuole, abbarbicata al primato di Dio, ma proprio questo diventa un motivo di lacerazione e di autentico servizio. Quindi una comunità che è nel mondo ma non si adatta al mondo, questo è il punto difficile perché le posizioni più comode sarebbero o di integrati nel mondo e allora sei dentro e sei diventata mondo, oppure di fuggire dal mondo per salvare la tua purezza e allora sarai diversa dal mondo ma non incidi più nel mondo. Questa è una comunità che vive la logica battesimale, che esemplifica ciò poi attraverso i sacramenti e l’annuncio cerca di comunicare.
Forse si deve anche aggiungere una precisazione che alle volte è dimenticata dai non credenti; l’equivoco è questo, il non capire che la logica battesimale o il Vangelo non deve trasparire solo dalle parole che la comunità dice, non deve trasparire solo dagli individui e dalla vita individuale che ciascuno fa, ma deve trasparire dalle strutture comunitarie, questo è un punto che spesso trascuriamo, cioè il modo di organizzarsi della comunità anzitutto nella Chiesa deve comunicare la logica battesimale, anche perché il mondo vede prima di tutto la struttura, non le parole, anche perché delle parole si fidano poco: per cui non basta dire “la struttura è sbagliata perciò non badarci”, questo si può dire a coloro che sono già credenti. A chi è credente si può dire “anche se “ vivi in una struttura che funziona male, sopportala, sappi che è la crosta, il nocciolo è dentro.” Ma a colui che non è ancora credente non posso dirgli in nome di Gesù Cristo passa sopra a queste cose, lui Gesù non l’ha ancora incontrato. La Chiesa siamo noi, anche perché in fondo la gente leggendo i giornali può darsi che senta le critiche più svariate, però ciò che scombina la gente non sono solo le critiche, ma è quel gruppo, quel parroco, quella parrocchia, come è detta la messa: per prima cosa sono queste le strutture che devono diventare evangeliche.
Seconda affermazione: la comunità credente deve essere una comunità che sa leggere la presenza di Dio, la presenza del Regno di Dio nella storia; il discepolo è colui che sa vedere la gloria di Dio nella storia dell’uomo; in questi conflitti che noi stiamo vivendo. Allora iniziare al cristianesimo vuol dire condurre a capire questo, che Dio è all’interno di questa storia. Qui bisognerebbe commentare il discorso delle parabole del Regno (mt 13 ; Mc 4). Il Regno di Dio è presente nella nostra storia, ma è presente in un modo sconcertante perché è come un seme la legge di Dio è la legge del seme. Dio avrebbe potuto fare le cose chiare e complete, visibili a tutti, invece la sua azione è come il seme, per cui è difficile scorgerlo, è da cercare e c’è chi lo vede, e chi non lo vede. Eppure se Dio è Dio dovrebbe farsi vedere, invece è come il seme gettato dappertutto, da qualche parte frutta, ma non sai dove. Per cui il credente, specialmente in queste attività di iniziazione missionaria e di predicazione cristiana, è colui che veramente si spreca come il seminatore che butta il seme sicuro che da qualche parte spunterà ma non sa dove. Sa che da qualche parte frutta, quindi il suo lavoro non è sprecato, però non sa dove, allora lo butta dappertutto, dove può, quando può, come può; mentre sarebbe comodo per questo seminatore dire: dunque io semino un giorno intero, un po’ qui un po’ lì, osservo il punto dove cresce e allora io evito l’altro lavoro tanto il risultato è lo stesso. Sarebbe comodo, solo che questi sono i calcoli che fanno gli industriali per produrre le loro merci, ma non credo che nel Regno di Dio questo sia lecito, anche perché bisogna cambiare mentalità, seminare qui vuol dire amare gli uomini, vuol dire tentare di presentare loro il Cristo; queste azioni valgono per se stesse anche se non ottengono il frutto; tu ti sei dato da fare per amore dell’uomo, per liberarlo, l’altro dato che è libero ha deciso di rimanere schiavo, ma nel mondo, in questo sporco mondo, c’è una cosa bella, cioè un uomo che ha fatto un atto d’amore: non è una cosa bella? Non è mica solo il frutto che lo rende splendido, è la cosa in sé, hai creato l’immagine di Dio. Ecco il credente per me deve sprecarsi in questa direzione e se si spreca così non è più possessivo, perché se il credente crede per giustificare la propria fatica l’altro deve convertirsi allora diventa oppressivo della libertà; ancora una volta ritorna il primato di Dio.
Sono convinto che se i rivoluzionari pregassero un po’ di più eviterebbero quando sono al potere, di diventare a loro volta dei dittatori, perché la storia è questa purtroppo, che anche i rivoluzionari diventano dei dittatori, non si fidano neppure loro della libertà dopo, perché dicono che se lasciano liberi si fa un passo indietro. Cristo è morto fidandosi di questa libertà, è la fiducia nell’amore.
E’ scomoda però una pastorale così perchè è anche più impegnativa. Occorre dunque una comunità che sa leggere così la storia e la vive, allora è chiaro che il mistero della storia viene svelato non perché raccontato, il punto è sempre lì la iniziazione non avviene attraverso un racconto o una teoria, ma avviene attraverso una esistenza che uno vede e nella quale è coinvolto. Quando dico una comunità che tenta di vivere non intendo una comunità senza peccato, i peccati ci saranno e i tradimenti non svuotano la possibilità della iniziazione perché in fondo una cosa che l’iniziando deve capire è che il peccato esiste ancora e che ci vorrà il perdono di Dio: non è lì il punto, il punto è quando una comunità ti dà il Battesimo e vive tranquilla e in buona fede sull’altra linea, lo spavento è la buona fede ciò che blocca la vera catechesi, si è contro il Vangelo in buona fede, invece il peccato non è così grave anche perché è oggetto di catechesi, è oggetto di una esperienza che viene poi spiegata.
Terza affermazione: deve essere una comunità nella quale è presente lo spirito di Dio: Lo Spirito Santo lo tiriamo fuori poco in tutti questi discorsi di pastorale, di iniziazione, di annuncio, in realtà lo dovremmo ricordare molto di più e puntarvi molto la nostra attenzione anche perché ne risente il tipo di catechesi che facciamo. C’è una grande fede nel cristianesimo primitivo in questa presenza dello Spirito che viene espressa esplicitamente, perché di essa si è coscienti.
Per chiudere il discorso diciamo qualche cosa sui rapporti fra comunità e lo Spirito.
Deve essere una comunità che da spazio a questo Spirito, che si presta al giro di questo Spirito. Mi viene in mente che Luca è molto attento a sottolineare che lo Spirito Santo è dentro la comunità, però qualche volta agisce anche fuori: è dentro la comunità ed è portato dalla comunità però è anche vero che Cristo va davanti alla sua Chiesa. Ricordate l’esempio di Pietro, il suo incontro con alcuni pagani e la sua sorpresa quando si è accorto che lo Spirito Santo lo avevano già ricevuto. Certo lo Spirito Santo non sta ad aspettare le nostre decisioni, anzi io ho l’impressione che in certe epoche debba precedere di molto. Quindi il compito della comunità credente è quello di offrire al mondo lo Spirito che ha dentro, ma anche quello di guardarsi in giro e vedere i passi divini, leggere i segni dei tempi, essere fedeli allo Spirito che la chiama e la converta e che la agita..
Un altro spunto che mi piace in Luca è l’episodio della Pentecoste dove si vede una comunità che riceve lo Spirito Santo e si mette a parlare in modo che tutti capiscano perché è questo il succo del miracolo, non che gli apostoli sapessero parlare tante lingue, ma che gli altri capivano il loro discorso.
Il segno dello Spirito è quello di una comunità che quando parla gli altri capiscono, perché se per capire una comunità fosse necessario farne parte per anni sarebbe segno che non c’è lo Spirito.
Lo Spirito è essenzialmente colui che rinnova nella comunità il miracolo della Pentecoste, cioè fa capire ciò che Cristo ha insegnato, fa capire la sua logica e il suo mistero. Lo Spirito è una memoria ma anche un progresso e un aggiornamento. Infine lo Spirito è il testimone, l’avvocato difensore nel grande processo che è sempre in svolgimento nel corso della storia contro Gesù e i suoi discepoli: lo Spirito dà ragione a Cristo e confonde il mondo e la sua logica.