Antico Testamento

ANTICO TESTAMENTO

(Gesuiti)

Comprende 3 generi principali di lettura.

A) Un primo ampio gruppo di libri, dopo una breve introduzione sull’origine del mondo e umanità, si interessa sulla storia del popolo ebraico dalle sue origini fino alle soglie del NT.

Due corpi diversi di scritti:

– il Pentateuco

– i libri storici.

Questi ultimi a loro volta si suddividono in 4 classi:

1) Opera deuteronomistica (Giosuè, Giudici, Rut, Samuele (2), Re (2). A questa classe si restringono spesso i libri storici

2) Opera del cronista Cronache 2 – Esdra – Neemia

3) 3 Racconti di speranza (Tobia – Ester – Giuditta)

4) Maccabei (2)

B) Secondo gruppo comprende quei libri che per la loro quasi totalità sono scritti in poesia e quindi vengono chiamati poetici.

Siccome però in genere trattano argomenti dottrinali o sapienziali sono chiamati anche Didattici o Sapienziali.

Tra essi spiccano per forma poetica: Salmi – Giobbe

C) Terzo gruppo formato dagli scritti che raccolgono gli oracoli e talvolta le vicende dei profeti del popolo ebraico. Anche in questi libri la forma è spesso poetica.

Spunti salienti della storia ebraica.

1) Prima della storia

Il racconto origini e storia del popolo ebraico è preceduto da 11 cap. che intendono situare questo popolo nella storia universale vista fin dai suoi inizi.

Sono proprio questi primi racconti che ci vengono in mente quando si parla della B.; creazione, Adamo Eva, Caino Abele, Torre di Babele, Noè ecc…

Ed è giusto: tali primi testi hanno un significato speciale. Quale?

Non pretendono di essere una storia come oggi la scriveremmo: ma questi quadri della fondazione del mondo descrivono la nostra vocazione umana e anche l’essenziale del nostro dramma: ciò che è nel + profondo degli esseri e della loro storia e che deriva da fatti realmente accaduti. Descrivono il nostro legame con Dio proveniente dalla creazione – un legame che non potremo mai perdere -, il peccato, la morte, lo scandalo delle nostre divisioni, la nostra responsabilità e la nostra libertà, l’essere chiamati alla salvezza….La tradizione ha composto questi racconti utilizzando le immagini correnti della mitologia dei popoli circostanti; ma ha saputo trasformarle profondamente per mettere in rilievo – ed è qui la sua originalità – la fede in un Dio unico e il loro ritratto dell’uomo che esce dalle mani di Dio.

2) Grandi momenti storia Isr. fino fine Monarchia Prima della formaz. stato monarchico.

Nell’evoluzione del vicino oriente, i fatti e le gesta di Israele cominciano a distinguersi come storia di un gruppo umano particolare all’epoca di Abramo (1850 a.C.), la sua originalità si manifesterà con chiarezza sempre + accentuata per trovare così il suo statuto politico con la regalità di Davide (1010 – 970)

Ciclo dei Patriarchi

Della storia patriarchi nessuna attestazione precisa fuori B. Ma le tradizioni di questa ci conservano le immagini della loro vita nomade che rispecchia molto bene ciò che conosciamo dalle altre fonti, onde sono credibili – per lo meno a questo titolo – agli occhi dello storico critico. Certo può intervenire anche la leggenda, ma essa è solo un ornamento su una sostanza di ricordi veri.

Le antiche civiltà, anteriori alla Scrittura, avevano un gusto di raccontare che oggi è andato perduto; i racconti si trasmettevano fedelmente grazie a forme ben fisse d’espressione.

Per Israele i grandi antenati hanno seguito il suo destino particolare; sono gli iniziatori della sua avventura con Dio. Si stagliano qui come uomini impareggiabili; tuttavia non vengono mai divinizzati, ma sono presenti anche con le loro debolezze. Alcuni racconti permettono di vedere che su certi fatti le tradizioni divergevano o si sovrapponevano. All’origine ciascuna era forse legata a uno dei tanti santuari primitivi eretti in tutto il paese; la si recitava al momento del culto; per questa via i ricordi si mantenevano vivi in mezzo al popolo che li venerava come un bene comune. Il redattore finale ha cercato di unificare questi elementi però senza cancellare sempre le tracce di sutura né le contraddizioni di dettaglio.

In questa storia antica ci colpisce una prima grande idea: il Dio dei Patriarchi ci viene rappresentato come avente un rapporto personale con questi uomini; è presente nella storia umana. Si tratta di un Dio personale, un Dio che si impegna e nei cui confronti ci si impegna. Non per nulla si parlerà sempre nella B. del “Dio di Abramo….”

Abramo: il Padre del popolo ebraico, il punto di partenza della sua vocazione.

Giacobbe: chiamato poi Israele: il capostipite 12 tribù; e a questo titolo il nome suo, anziché quello di Abramo – padre pure di altri popoli – diviene il simbolo di una appartenenza comune, una forza di unione in mezzo a tutte le vicende che disperderanno questo popolo nel corso dei secoli fino ad oggi. Tra Abramo e Giacobbe

Isacco perde un po’ di rilievo; è l’uomo che trasmette la benedizione di Dio.

Dopo Giacobbe emerge il personaggio Giuseppe, la cui sorprendente vicenda ha dato origine a una splendida narrazione, ricca di psicologia e di dottrina, molto edificante e letterariamente ben costruita.

Discendano effettivamente e direttamente le tribù di Abramo e Giacobbe o meno e siano state o no tutte in Egitto, è certo che esse acquistano la loro netta fisionomia solo + tardi. Quanto alla loro origine, i documenti profani ci dicono ben poco e gli storici non possono darci che indicazioni vaghe. Ma poco importa. Un giorno esse si riconosceranno solidali, partecipi di una stessa vocazione nonostante le loro divisioni.

L’opera di Mosè

Gli vengono attribuiti i primi 5 libri della B. = Pentateuco = Legge. La critica però può oggi dimostrare che la redazione finale di questi testi è molto posteriore. Ma Mosè resta ugualmente il + prestigioso dei profeti e nello stesso tempo il + umile dei credenti; è il fondatore del popolo, l’organizzatore dell’Israele nascente: nessuno ha rivestito una funzione così importante. A buon diritto gli si attribuisce dunque l’opera + importante, la carta costituzionale di Israele. Del resto ci fu mai nella storia umana eccettuato Gesù Cristo, un mistico + grande per riconoscere Dio e la sua bruciante esigenza?

Si può discutere se questo capo abbia condotto attraverso il deserto (1250 – 1200) tutte le tribù o le + importanti e se i segni o i miracoli che gli sono attribuiti non siano stati forse amplificati; ma più indiscutibilmente la sua epoca fu quella della liberazione del popolo oppresso. Sarà questo un costante punto di riferimento, poiché è il tempo in cui il popolo ha scoperto Dio, ed è entrato nel suo disegno.

La legge che viene attribuita a Mosè ha formato i costumi del popolo: ha solidificato la fede nel Dio unico in mezzo a un mondo politeista, gli ha dato il suo culto e la sua vita sociale. L’osservanza non fu un cappio, ma una via di crescita spirituale; essa forgiava gli atteggiamenti dello Spirito formava le coscienze.

L’istallazione in Canaan

23.1.84

Periodo importante ma assai oscuro. La B. ci ha conservato il ricordo di una grande conquista, ma anche i resoconti interminabili di guerriglie. Così il libro dei Giudici non dà una piena conferma ai grandiosi quadri del libro di Giosuè. A Israele sta a cuore questo periodo, quello del dono della terra; poiché questo popolo ama la sua terra come il luogo a cui Dio ha legato la sua benedizione e la sua presenza. La terra, promessa e data, diventerà col tempo simbolo del R. di Dio e infine della patria celeste.

Alla conquista segue un periodo altrettanto oscuro, durante il quale le tribù sono libere, senza un capo comune, con la conseguenza di una vera anarchia. In questo tempo, pronunciarsi per il solo Dio dei Patriarchi comportava un’esigenza di cui noi difficilmente valutiamo la portata: si obbediva al Dio di Israele, ma si temeva ancora la vendetta delle altre divinità, quelle che si pensavano sconfitte nella guerra di conquista, ma tuttora installate nelle terre vicine.

Il popolo inoltre si trova minacciato di soffocamento; altri invasori si presentano infatti alla stessa epoca per conquistare la loro parte sul territorio di Canaan; tra questi i Filistei, così ben armati e organizzati. Slanci improvvisi permettono a Israele di rimettersi totalmente al Signore mentre tutto sembra compromesso: si assiste così a risvegli sorprendenti, ma seguiti da periodi di grande disordine.

Il tempo degli stati organizzati

Nascita e affermazione della monarchia.

Le 12 tribù erano divise in 2 gruppi, quello del Nord e quello del Sud: l’unità parziale non si realizzava che in maniera episodica. Al sopraggiungere di pericoli e guerre occorreva pure organizzare i popolo, se voleva sopravvivere; ma dargli un capo non era forse beffare Dio, unico re d’Israele e beffare il suo posto? Lentamente tuttavia si delinea un’organizzazione centrale attorno a un re. E Samuele profeta e ultimo giudice, unge re Saul da parte di Dio. Ma questo regno lascia un ricordo tragico e infelice. Davide invece sostituito da Dio al ripudiato Saul, riesce brillantemente e conduce Israele non solo dalla guerriglia all’indipendenza e alla sovranità, ma anche al dominio su popoli confinanti e gli dà la sua capitale Gerusalemme. Lo splendore incomparabile del seguente R. di Salomone, che darà alla nazione il suo fastoso tempio, ci seduce; ma i più lungimiranti scorgono già all’opera il tarlo roditore. Infatti la grandezza umana fa dimenticare Dio, si prepara un’era di compromessi e la malattia endemica di Israele – l’idolatria – si annida nella stessa famiglia reale. Salomone poteva bene rivaleggiare in prestigio con i potenti del suo tempo, ma Israele doveva essere un popolo come gli altri?

La decadenza politica

Davide e poi Salomone seppero superare per oltre 70 anni, con il loro valore personale, le forze di divisione che opponevano il Nord e il Sud. Ma subito dopo di loro, ogni parte riprende la sua autonomia, cercando di farsi l’unità per proprio conto. Il piccolo regno di Giuda vive attorno al tempio unico di Gerus.; fatto importante, perché, contribuisce a rinsaldare la fede nell’unico Dio; Il Regno di Israele (Nord) conserva invece diversi santuari, specialmente a Sichem, Dan e Betel. Il primo resta fedele alla discendenza di Davide fino alla deportazione: è la stirpe messianica. Il secondo al contrario conosce la crisi di regime e le rivolte di palazzo: usurpano il potere una dopo l’altra diverse dinastie. L’idolatria rimane seducente per gli uni e per gli altri, ed è favorita dai re spesso anche per motivi politici. Naturalmente ci furono anche periodi di fedeltà; l’insegnamento dei sacerdoti e il messaggio dei profeti non mancavano di richiamare le condizioni dell’Alleanza; e i veri profeti, i “custodi dell’Alleanza” furono sì contestati, ma anche ascoltati, dato che se ne sono conservati gli scritti.

I due stati sono presi sempre + dentro la morsa delle grandi potenze, sballottati fra i confini tra Egitto e Assiria prima, Egitto e Babilonia poi. Samaria, la capitale di Israele, cade nel 721 e il popolo è deportato a Ninive. Giuda ben arroccato nelle sue montagne, è + al riparo dai percorsi degli eserciti e resiste per oltre un sec., ma finisce sotto i colpi dei Babilonesi nel 587.

Il tempo dei profeti

Questo tempo di decadenza è anche il tempo dei profeti. Il profetismo è un movimento multiforme . Interi gruppi si dedicavano alla pratica dell’estasi: ci furono dei profeti ufficiali, che parlavano secondo i desideri del re; ci furono ii veri profeti, quegli uomini eccezionali che parlavano a nome di Dio: in mezzo alla tempesta di Israele questi tenevano saldi i valori imprescindibili dell’Alleanza e della coscienza.

Grazie a loro il pensiero umano e la fede in Dio faranno un progresso gigantesco e definitivo.

Elia ed Eliseo si ersero al Nord contro i re come campioni di Dio, facendosi temere anche per la loro potenza taumaturgica; al Sud sono vicini ai re i 2 primi profeti “maggiori”, Isaia e Geremia, i quali ci hanno lasciato i loro carmi, come li hanno lasciati in ambedue i regni, quelli che chiamiamo profeti “minori”, Amos, Osea, Michea ecc.

Le tappe redazione libri

I libri che narrano storia di Israele fino alla caduta monarchia, specialmente il Pentateuco, sono un mosaico di frammenti, diversi per genere e epoca, integrati in una certa unità. Prima di essi nel corso dei sec. si erano già formate unità letterarie + brevi, nelle quali si erano fusi, a diverso titolo, brani primitivi di origine varia. Antecedentemente allo scritto, per gli antichi testi in prosa e per i + antichi in verso, esiste la tradizione orale.

Con questa parte AT – che è fondamentale, di cui più interessa conoscere la consistenza storica – è già il riflesso di una tradizione e di una interpretazione + volte rinnovate, che hanno elaborato i testi fino a portarli nella forma attuale.

Ecco le grandi tappe di questo itinerario, quale i critici sono riusciti a ricostruirlo:

1) Nei primi tempi della monarchia furono raccolte le antiche tradizioni, scritte e orali, che vennero integrate con le testimonianze e i racconti dei fatti + vicini. La tradizione jahvista e quella elohista, come anche i primi annali su Saul e Davide, sono già stati fissati sino dal 10° e 9° sec. a.C.

2) A partire dall’8° sec. entriamo in una seconda tappa di formazione letteraria: è l’epoca in cui si sviluppa l’attività dei profeti, che nella loro predicazione ripensano e approfondiscono la rivelaz. Precedente in vista delle attuali condizioni religiose e sociali del popolo.

3) Nel corso del 7° sec. si fissa per iscritto la parte essenziale del Dt, che ripresenta la legge divisa sulla base di antiche tradizioni e della teologia predicata dai profeti, e alla sua luce vengono interpretate le narrazioni storiche antecedenti.

4) Dal 6° al 5° sec. per effetto dell’esperienza dolorosa dell’esilio, si determina un nuovo ripensamento di tutta la vicenda storico-religiosa di Israele, questa volta per opera di circoli sacerdotali, che arricchiscono le raccolte già scritte con gli apporti delle proprie tradizioni aggiornate dai frutti della riflessione attuale.

5) Si può pensare che il nostro testo dell’AT, almeno per il primo gruppo di scritti (Pentateuco – Re), si tri ormai compiuto verso l’inizio del 4° sec. a.C.

3) Dall’esilio alla venuta di Gesù

Di solito la conoscenza che si possiede della storia del popolo eletto finisce, in sostanza, all’esilio. Più in là, emergono per noi, come isole da un vasto mare di ignoranza, solo i fatti meravigliosi di Daniele e dei Maccabei. In concreto, il periodo che va dalla restaurazione di Israele alla venuta di Gesù è, per molti cristiani, un’epoca senza importanza, una parentesi o un tempo di attesa del disegno di Dio, la fine oscura e insignificante dell’AT.

La realtà è ben altra. Se questo periodo ha conosciuto il silenzio dei profeti – e fu una prova non piccola per i credenti – tuttavia alcune voci al principio si sono levate, e veementi: sono gli ultimi profeti minori, Aggeo, Zaccaria, Malachia, Abdia. Ma soprattutto questo è tempo in cui sacerdoti e scribi = studiosi della legge – si danno ad approfondire la fede e a creare movimenti spirituali. Quest’epoca porta anche l’impronta di un’altra esperienza decisiva: gli Ebrei sono ritornati dall’esilio guariti per sempre dalla loro atavica tendenza all’idolatria. Non è che abbiano cessato di incontrare ancora il mondo pagano; al contrario: lo hanno dovuto vedere + da vicino, nella vita quotidiana della comunità. Ma ben lontano dal lasciarsi dissolvere nella cultura circostante – e quanto attraente! – il pensiero e la fede di Israele si sono maggiormente sviluppati, forse adattati, ma sempre su una linea di approfondimento dei propri valori originali. Giungerà anche l’ora di una prova gravissima: ma si saprà lottare eroicamente per restar fedeli all’idea monoteistica e all’eredità dei Padri. In tal modo la fede del tempo di Gesù non sarà la stessa di prima dell’esilio, ma quella nuova e vigorosa che adesso si esprime nel termine “giudaismo”.

Tutt’altro dunque che l’epilogo poco glorioso di un prestigioso passato! Del resto, anche solo a guardare alla durata di questo periodo, si vede come sarebbe improprio parlare di “epilogo”. Si tratta di quasi 6 sec., ossia quanti ne visse Israele nella Terra promessa dopo che l’ebbe occupata. Ma + ancora: sono proprio questi secoli nel disegno di Dio, che preparano da vicino il Testamento A. ad aprirsi al N. dove tutto sarà ripreso e trasformato. Ecco perché in questo periodo appunto si forma la B. dell’A.T. quale la leggiamo oggi: è di esso infatti non solo la redazione finale delle parti storiche già compilate nel periodo precedente e quella definitiva dei Salmi ma anche la composizione della quasi totalità del resto (l’opera prof. in gran parte, e l’opera sapienziale + o – intera, i rimanenti libri storici). Cerchiamo quindi di caratterizzare la vita e i momenti significativi di questi secoli.

L’esilio

Quale sia stata la storia degli esiliati, lo comprendiamo dalle allusioni dei profeti e dei numerosi salmi; lo comprendiamo anche, per contrasto, dalla gioia traboccante sulla via del ritorno dopo il 538: del resto, la storia generale dell’epoca può darci informazioni sulla sorte delle popolazioni deportate.

Noi non siamo cresciuti in una religione legata a una terra, a una monarchia, a un tempio unico; perciò difficilmente immaginiamo quale strazio sia stato l’esilio per gli Ebrei superstiti del Regno di Giuda. Esso comportava, al di là della dura esperienza personale della privazione, il crollo totale di un popolo, fino allo sradicamento, alla soppressione del culto.

Progressivamente, è vero, le popolazioni deportate poterono sistemarsi. Anche se i maggiorenti subirono la notte delle carceri babilonesi, il grosso degli esiliati non conobbe il nome di quei campi che il nome di deportazione evoca a noi. Tuttavia la deportazione si trova pur sempre lontana dalla Terra promessa, privata del suo santuario, senza una struttura politica e religiosa riconosciuta, insomma scompaginata e dispersa. In tali circostanze occorreva molta audacia per credere che l’avventura del popolo non era, ciò nonostante, conclusa, che Israele aveva la missione di testimoniare Dio in mezzo alle nazioni. Proprio tale è stata invece l’affermazione dei profeti (Ezechiele), degli spirituali e dei sacerdoti deportati; tutti i segni lo contraddicevano, ma la fede ormai era più forte degli avvenimenti.

Si può dire infatti che Israele in esilio trova nuove origini spirituali. Allora si capisce finalmente che il disegno di Dio sorpassa il destino politico del Regno terrestre. Quando le strutture sono sconvolte, la parola di Dio e la sua legge toccano più vivamente il cuore. Il dolore è purificazione. E riconoscendo nella sua sorte la realizzazione delle minacce divine, il meritato castigo, Israele torna sinceramente al Signore, con+ profondità, con + stabilità di prima. Di fronte ai vincitori che cantano le glorie dei loro dei, egli grida il nulla di tutti gli idoli: JHWH non andrà a prendere il posto del corteo delle divinità pagane a cui lo si invita. Si poteva temere che la dispersione distruggesse la coscienza spirituale del popolo eletto e ne rompesse l’unità; e invece egli trova la sua unità + vera, quella della fede e della speranza.

La restaurazione

Nel 539 a.C. con un capovolgimento inaspettato e imprevedibile, l’impero persiano si sostituisce a quello di Babilonia nel dominio del M.Oriente. Ciro, il nuovo padrone, che nella seconda parte di Isaia è presentato come lo strumento scelto da dio, dà prova di una tolleranza inattesa verso le religioni e i costumi di ogni gruppo etnico. Tutti i sogni sono permessi; già si improvvisano i canti delle carovane che avanzano attraverso il deserto per un nuovo esodo, più splendente di quello di una volta. Quali giorni di speranza! La realtà sarà meno suggestiva.

La politica persiana organizza il ritorno dei vari popoli deportati e la ricostruzione dei santuari; ma Israele non conoscerà la restaurazione nazionale. L’indipendenza non ritornerà e si resterà sempre sotto qualche dominio straniero, sia pure spesso benevolo. Per la propria vita e la propria vocazione religiosa Israele dovrà trovare altre basi, diverse dalle strutture politiche terrene.

Gli esiliati ritornano in varie carovane, che si organizzano a intervalli di tempo. Sono quelli appartenenti soprattutto alle tribù di Giuda e Beniamino, le cui famiglie abitavano un tempo Gerus. E i territori circostanti; con loro i sacerdoti e i leviti.

Le altre tribù, separatesi dopo la morte di Salomone nel 931 avevano conosciuto l’esilio del 721 e dopo quasi 2 sec. erano molto disperse; popolazioni straniere avevano preso stanza in Samaria dalla fine del secolo 8°, costituendosi un gruppo etnico nuovo anche il Nord della Palest. fu caratterizzato da un miscuglio di genti , tanto che il paese dell’infanzia e il primo ministero pubblico di Gesù sarà chiamato “Galilea delle nazioni” = pagani.

Il piccolo resto degli scampati si organizza stentatamente. Gerus. È una rovina; le attività commerciali e gli scambi non vengono ripresi; si preferisce stabilirsi nei dintorni dove almeno non mancano i frutti della terra. Il tempio viene ricostruito fra il 520 – 515: ma solo 70 anni dopo le mura potranno essere riparate e Neemia dovrà organizzare, quasi a forza, il ripopolamento della città. Questa ricostruzione Tempio + Città è opera difficile e modesta, ma coraggiosa. Come conservano il documento Esdra + Neemia.

Fra gli esiliati che non ritornano si organizzano gruppi in terra straniera, anzitutto nella regione di Babilonia e in Egitto. Non avendo motivi religiosi per stare attaccati alla nuova patria, saranno più mobili e potranno sciamare. Così soprattutto durante la dominazione greca, gruppi giudaici si disperdono attraverso il mondo mediterraneo; dove arrivano, occupano un quartiere e aprono una sinagoga. Conservano tuttavia dei legami con Gerusalemme, dove a volte si recano per un pellegrinaggio.

La dominazione greca e romana

Il regime persiano, che aveva autorizzato la restituzione di una provincia giudaica, 2 sec. dopo finisce, impensatamente come era cominciato. E’ un secondo passo della Provvidenza, che sta costruendo le vie dell’avvenire cristiano. L’Oriente ha esaurito il suo compito: ora è la volta dei greci prima, dei romani poi, come, in futuro, tale compito sarà affidato a tutte le nazioni.

Un nome è all’inizio di questo nuovo sconvolgimento: A.Magno. La Bibbia lo nomina appena, molto tempo dopo l’avvenimento (1 Mac 1. 1-7). Tuttavia il giovane conquistatore riempie di stupore il mondo con le sue rapide vittorie. I paesi lungo il Nilo e l’Eufrate entrano adesso nella vita politica e culturale del mondo mediterraneo; una mentalità comune sta per diffondersi.

Alessandro non ha il tempo di godere della sua immensa conquista: incontra la morte a Babilonia nel 323 a. C.. I suoi generali si contendono l’impero.

Per la storia biblica interessano la dinastia dei Lagidi o Tolomei, che si impadronisce dell’Egitto, e quella dei Seleucidi, che si assicura la Siria, l’Asia Minore e la Persia. La Giudea dal 319 sta sotto la dominazione relativamente pacifica dei Tolomei. Ma all’inizio del II° sec. la situazione si evolve rapidamente. Nel 198 Antioco III° sconfigge l’Egitto a Panion sul territorio palestinese e la Giudea entra nell’orbita dei Seleucidi. Il nuovo monarca conduce il suo stato all’apogeo, ma già i generali di Roma si trovano sulle strade d’Oriente. Il re deve acconsentire a paci onerose, consegnando i propri figli in ostaggio a Roma, cedendo l’Asia Minore, pagando un enorme tributo. E questo ha un riflesso biblico nell’episodio di Eliodoro (2 Mac.3).

Antioco IV° Epifane caratterizza il suo regno con una politica draconiana di assimilazione culturale ed economica. Con lui tutto si deve piegare al modo di vita greco. I timori per il suo regno minacciato non bastano a spiegare l’arroganza di cui ha lasciato il ricordo: a vedere le monete da lui coniate , ci si accorge che cerca sempre di + la propria divinizzazione. A Gerus. Dal 167 – 164 impone la profanazione del tempio e una violenta persecuzione religiosa, che a sua volta fa scoppiare la gloriosa riscossa dei Maccabei. Dopo di lui i successori si strappano a vicenda il regno e i favori dei reucci che vogliono assoggettare; ritorna il tempo degli intrighi e la fine del primo libro dei Mac. Ce ne offre qualche esempio.

Così la piccola provincia di Giuda trova per qualche decennio un regime di autonomia suff. stabile e allarga persino il suo dominio, retta dai sommi sacerdoti discendenti dai Maccabei, che prima della fine del II° sec. assumono anche il titolo regio. Tuttavia l’unità e l’indipendenza restano precarie. Alcune correnti religiose rimangono volutamente ai margini di questa politica del sacerdozio; la confusione fra la carica spirituale e la sovranità civile non è senza pericolo per la fede e la libertà e costituisce un regresso. I gruppi religiosi + progressisti fondano la loro dottrina unicamente sul rispetto di Dio e della sua legge: sono gli Asidei (fedeli), da cui nasceranno i Farisei e co, con una separazione ancora + sistematica, gli Esseni, di cui i manoscritti del mar Morto hanno rivelato il pensiero e il modo di vita. Gli allineati diventeranno gli opportunisti di domani, i Sadducei. Il successo dei movimenti religiosi presso il popolo testimonia a suo modo che la vitalità spirituale del giudaismo non è + legata alla vita politica della nazione.

Da lontano Roma incuteva rispetto con il suo regime aristocratico; la grande potenza d’Occidente era capace di esercitare la sua pressione sui regni greci. I giudei e specialmente i Maccabei avevano cercato la sua alleanza fin dal II° sec. A.C.. Ma 100 anni più tardi le legioni impongono la supremazia di Roma a tutto il bacino mediterraneo mettendo fine all’anarchia dei regimi.

Pompeo interviene in Palestina. Trova Gerusalemme in rivolta; le fazioni religiose e politiche si dilaniano, una guerra atroce oppone diversi partiti della popolazione. Come se la fede non fosse + in causa, nessun libro biblico ci ha conservato il ricordo di questi giorni tristi e vergognosi. Pompeo prende Gerusalemme nel 63. Alcuni intriganti cinici sapranno occupare il potere locale; la storia ha conservato il nome di quel despota che fu Erode il Grande (37 – 4 a.C.). Egli pensava di guadagnarsi la gratitudine dei Giudei ricostruendo il tempio con un certo sfarzo.

Qualche decennio + tardi la Giudea sarà governata da procuratori inviati direttamente da Roma; l’essersi trovato in mezzo al processo di Gesù ha meritato a uno di essi, Ponzio Pilato, di non cadere nell’oblio. La Giudea vive divisa tra le esigenze dell’occupante e le attese della rivolta. Vicini al popolo stanno i Farisei e quegli animatori religiosi che furono gli scribi . Altri perseguono sogni politi impossibili; in seguito a una delle loro rivoluzioni, lo stato ebraico sparirà definitivamente nel 70 d.C..

Ma frattanto il giudaismo aveva messo radici spirituali abbastanza profonde per vivere indipendentemente dalla Terra e dal Tempio di cui conserverà sempre la nostalgia.

Le comunità

La comunità di Giudea:

svolge una funzione sua propria fino alla scomparsa nella seconda distruz. di Gerusalemme. 70 d.C.

Per quasi 6 sec. essa, più che ogni altra comunità israelitica, si sente la custode responsabile della fede della preghiera (cfr Salmi), della vocazione e della speranza di Israele. Stabilita sul suolo dei Padri – sempre considerato come la Terra promessa – attorno al tempio, diretta dal sacerdozio e istruita dal dottori della Legge, essa vuole assicurare la permanenza dell’eredità. Di qui la cura per i preziosi testi storici, profetici, sapienziali trasmessi, dei quali si attualizza l’intelligenza; come pure lo sbocciare assiduo di nuovi testi, che sono soprattutto meditazione sulla privilegiata storia e sulla legge di Israele e tentativi di approfondimenti e di ulteriori sviluppi (Cronache, Tobia, Giobbe, Qoelet, Cantico… e, benché non accolto nella B. ebraica, Siracide).

Per 3 sec. e mezzo, fino al tempo dei Maccabei (177 a.Cr.), la comunità di Giudea si conserva al riparo dagli sconvolgimenti del mondo. Alquanto refrattaria alle idee universalistiche e missionarie (cfr. per contrasto il libro di Giona), attende piuttosto il giorno in cui tutti i popoli riconosceranno Gerusalemme e vi andranno in pellegrinaggio.

Ma, iniziato il II° sec., essa è chiamata a dare es. di fedeltà nella prima persecuzione religiosa che la storia conosca. Allora i sui gruppi + generosi sanno rispondere alla inaspettata vocazione con l’eroismo dei martiri e la vittoriosa resistenza dei guerrieri, che fanno nuovamente realtà gli antichi racconti delle guerre del Signore dai quali traggono ispirazione.

Giustamente si vorrà ben presto narrata anche questa nuova pagina gloriosa della storia di Israele (1Mac.). Il cristianesimo nascente si staccherà appunto da questa comunità, in mezzo alla quale è nato; sarà Paolo, un ebreo della diaspora, ad annunciare con + veemenza l’universalismo della salvezza indipendentemente dalla legge, dalla nazione, dalla terra, dal santuario; ma Giacomo, cristiano di Gerusalemme, farà + fatica a seguire questo movimento.

Molte Comunità disseminate in Palestina

Conservano i loro legami con Gerusalemme e quella dei Samaritani rimane sospetta. Essa è nata – lo si è visto – da una mescolanza di popolazioni; si è anche opposta alla restaurazione di Gerusalemme e si è pure formata un luogo di culto a parte. Lo scisma religioso di Samaria sarà compiuto nel III° sec. a.Cr.; da allora in poi i Samaritani faranno figura di eretici e così sono considerati ai tempi del NT. Una loro piccola comunità sussiste fino ai nostri giorni.

Le comunità disperse attraverso il mondo

Seguono il movimento e la sorte delle popolazioni con le quali si trovano mescolate. Esse si difendono soprattutto nel periodo ellenistico, tempo di costruzioni urbane e rinnovamento culturale. Alcune tentano di costruirsi un tempio a Elefantina o Leontopoli (Egitto); ma nell’insieme restano legate a Gerusalemme e si mantengono stabili nella fede dei padri anche se scrivono in greco, la lingua corrente nel bacino mediterraneo. Le loro opere letterario testimoniano un desiderio di dialogo con il mondo pagano, l’aspirazione a essere conosciute come eredi di una grande cultura; in questi scambi comincia ad affermarsi la preoccupazione missionaria.

Ma queste comunità conoscono anche il sospetto, la malevolenza, la persecuzione, il saccheggio. Infatti esse meravigliano con quel loro modo particolare di vita, con la loro religione e la loro Legge. Non si capisce perché non vogliono inserirsi nella città portando il loro Dio nel pantheon, dove tutte le divinità possono coabitare pacificamente.

A queste comunità, tentate di volta in volta di ripiegarsi su se stesse o di lasciarsi assimilare dai movimenti culturali tenaci e irresistibili si rivolgono gli autori di Giuditta, Ester, Daniele, Sapienza, 2 Mac. Le medesime raccolgono e traducono in greco gli antichi scritti biblici. Questa attività letteraria fu particolarmente intensa ad Alessandria, la città fondata da Ales.Magno durante la sua campagna di Egitto. La versione greca degli originali ebraici è conosciuta col nome di traduzione dei 70 (interpreti) La sua importanza è inestimabile perché rende la B. accessibile al vasto mondo ellenistico: sarà questa la B. citata da vari autori neotest., e tutte le comunità cristiane fuori dala Palestina la possederanno come base. Ma oltre gli scritti che hanno trovato posto nella B., se ne compongono parecchi altri, commenti biblici sulla storia la dottrina, applicazioni racconti edificanti ecc. che testimoniano un movimento spirituale messianico intenso, di una profonda fedeltà religiosa.

I credenti dispersi vivono nell’attesa di una nuova convocazione a Gerusalemme, dove tutti i popoli si troveranno infine riuniti. A tale speranza risponderà l’evento cristiano della Pentecoste. Ma intanto queste comunità diffondono per il mondo la notizia della credenza in un Dio unico, l’attesa di una salvezza universale. Per la missione cristiana che propagherà attivamente questo messaggio di salvezza, concretizzandolo nell’avvenuta nuova Alleanza del calvario sostitutiva di quella del Sinai, esse costituiscono dei punti di appoggio in tutto il mondo culturale del Mediterraneo.