Mosè l’uomo di fiducia

11.3.99

Mosè, l’uomo di fiducia in tutta la mia casa Nm 12,7; Ebr 3,2

Al Sinai YHWH non stringe alleanza con Mosè, bensì con Israele per la mediazione di Mosè Eb 3,1-6. “Non è più sorto in Israele un prof. come Mosè Dt 34,10nei suoi 120 anni di vita Dt 34,7 scanditi da 3 spazi di 40 anni ciascuno, la tradizione ebraica ha identificato tutta la storia del popolo di Dio. La schiavitù passata, la liberazione prodigiosa da parte di YHWH e l’attraversamento peregrinante del deserto, l’orizzonte della speranza di fronte terra promessa.

Soprattutto per il suo ruolo cammino – deserto Mosè rimane l’uomo di Dio Dt 33,1, il grande “capo-giudice” di Israele At 7,27-35: il suo liberatore At 7,35; Moshè rabbenn, il nostro maestro, dicono ancora gli Ebrei ogni volta che lo nominano At 7,38.

Mosè è la figura di spicco + ricca + complessa della storia del popolo perché è insieme profeta Dt35,10, legislatore e giudice At 6,14, creatore disinteressato e formatore di discepoli in grado di succedergli Es 18,13-27 servo del Signore, mediatore sofferente, intercessore solitario tra lui e il popolo Es 19,9…E’ però prima di tutto e soprattutto un grande mistico, un orante impavido e, al tempo stesso, un uomo sapiente mite, mansueto e umile di cuore Es 19,16-25…

Mosè appartiene alla tribù sacerdotale di Levi ma il suo ruolo è piuttosto quello regale di condottiero e quello profetico anche se fungere, in qualche modo, da “super-sommo-sacerdote” istituendo il culto, la liturgia e il sacerdozio aronnico Es + tutto il Lv..

Per questa straordinaria concentrazione di ruoli salvifici nella sua persona, la generazione NT ha riconosciuto in Mosè il personaggio euristico l’anticipato indicatore del Messia Gesù. Anche Gesù del resto, in modo analogo, pur essendo della tribù di Giuda – e dunque condottiero regale-davidico Eb 7,11-14 concentra in sé anche un misterioso ruolo sacerdotale pre-aronnico – alla maniera di Melchisedeck…

Lungi dal trovarlo in contrasto con Gesù e dal farlo poi cancellare e sostituire da lui, un cristiano NT dovrebbe riconoscere tutta la trasparenza teologica di Mosè quale componente essenziale integrante della gloria del Messia divino Mt 5,17-48… La canzone dell’Agnello si accorda in perfetta continuità con quella di Mosè servo di Dio Ap 15,2-4. E’ questo un tema su cui l’esegesi + catechesi cristiana – per le quali indebitamente Abramo suona più congeniale di Mosè – avrebbero bisogno di progredire, liberandosi da ogni scoria residua di “teologia della sostituzione”.

Il deserto, però, per Mosè è anche il luogo delle prove più dure. Lì la lotta con il Signore per il nome e per trovare la grazia ai suoi occhi è già cominciata in Egitto, conosce momenti di tensione e di crisi tutta particolare. Il peso della missione sembra schiacciarlo e gli fa desiderare la morte. Così, di fronte alla rivoltosa bramosia della gente raccogliticcia e degli israeliti, nauseati dalla manna e presi dalla fregola di un piatto di carne Nm 11,4-6.10, Mosè esplode Nm 11,11-15

Il peso della missione è traversato da quello della conoscenza del Signore Es 33,13-14. Il Sinai non è tanto un luogo di transito per Mosè, sembra apparire piuttosto come la stazione finale, il luogo della comunione con il Signore, estatica, inseparabile Es 33,15-17. Difatti il salmo 68 rileggerà la ripresa del cammino d’Israele dal Sinai verso un altro monte, il monte Sion, come una solennissima processione liturgica di trasferimento, in cui il Signore stesso – nella nube di giorno e nella colonna di fuoco di notte Es 13,21-22…- marcia con il suo popolo che “sale” a Gerusalemme e lì stabilisce la sua dimora per sempre Sal 68,17-18. Si lascia così il Sinai, ma non il Signore. Più tardi l’esilio farà comprendere che il vero definitivo santuario d’Israele altri non è se non lo stesso Signore Ef11,16-21 anticipando così la rivelazione di Gesù alla samaritana Gv 4,19-26. Il monte Sion rimane il luogo sacramentale dove l’Agnello, coni il suo resto di 144.000 fedeli segnati, instaura in suo Regno per sempre Ap 14,1

I colpi della lotta però a volte si intensificano come nella notte dello Jabbok e Mosè e Aronne sembrano restare prede di uno smarrimento tra esigenze sante e purissime del Signore da una parte, e i ritornelli monotoni della “contestazione” popolare, dall’altra. Un bastone preso da davanti al Signore e adoperato secondo un autoritarismo e un’interpretazione forse troppo umana, come pure delle parole insipienti fuoruscite da un animo inasprito Sal 106,32-33, costarono care ai 2fratelli alle acque di Meriba “Contesa”. Essi vengono umiliati, così come il Signore stesso risulta umiliato in mezzo al suo popolo Nm20,1-13.22-29..

L’agonia della missione, però, impallidisce di fronte a quella personale e mistica della conoscenza amorosa e solitaria di YHWH Es 33,18-34,8

Così il Signore parlava con Mosè faccia a faccia come un uomo parla con un altro Es 33,11 Nm 12,8

E’ un testo capitale per leggere, nel NT, i passi dove si celebra quel che la generazione Apostolica ha visto e “non ha visto” in Gesù, tanto che ha potuto credere in lui Gv 1,14.18.50-51; 14,5-11… 1Cor 13,9-12 Ap 1,9-20…

Mosè e Aronne muoiono sulla soglia Terra promessa Nm 33,39 /Dt 34,7 anche in questo si preannuncia “l’obbrobrio del Messia” che “patì fuori della porta della città” Eb 11,26; 13,12-13