L’ESODO EGIZIANO
L’ESODO EGIZIANO
14.1.99
La grande storia d’Israele inizia come popolo in Egitto. La storia di Giacobbe-Giuseppe introduce la descrizione della condizione della schiavitù egiz. Di Israel , e la giustifica. A 400 anni di distanza da Abramo Gn 15,13: At 7,6 “sorse sull’ Egitto un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe Es1,8 At7,18. Il sogno ecumenico escatologico de Commonwealth delle nazioni in Egitto, intorno a Giuseppe + 12 capitribù di Israele è presto svanito. Il popolo di Dio si trova in balia dei rivolgimenti e del succedersi delle dinastie umane mondane. Il realismo storico d’Israele si esprime nella convinzione che solo sulla terra della promessa, libero dal servizio di altri dei, Israele è in pace vicino al Signore, e può veramente partecipare alla sua eredità Sam26,19-20
Nel disegno storico-spirituale della Bibbia, la vicenda egiziana non rappresenta la semplice continuazione della storia patriarcale, ma ne è una ripresa su scala nazionale e popolare. Ciò che i patriarchi hanno vissuto personalmente e all’interno della loro famiglia, un popolo intero e numeroso è chiamato a viverlo collettivamente per diventare il popolo di Dio dell’alleanza con lui. La famiglia si Abramo è diventata essa stessa adesso la grande moltitudine di “figli di Israele” ritenuta minacciosa per gli Egiziani come più tardi apparirà in Polonia/Russia/Germania/ St. Uniti 1,7.9-10 At 7,17. In virtù di questa esperienza secolare verso la fin del sec.VIII Is. dirà 31,1.3 + Is 30,1-5.
Ben differentemente da ciò che avviene nella Gn, per il resto della Torah il paese d’Egitto è “una casa di schiavitù” da cui Adonai ha fatto uscire Israele 13,3.14; 20,2; Dt5,6…
La condizione egiz. da cui il Signore ha liberato gli Israeliti viene pure paragonata metaforicamente ad “una fornace per fondere il ferro” Dt4,20; Ger 11,4La liberazione, opera interamente del Signore, rimane la paradigmatica gesta di YHWH del passato a favore del suo popolo che impregna indelebilmente la memoria, la coscienza e la fede di Israele, anima tutta la sua liturgia e immancabilmente sostiene la sua speranza nel futuro qualunque sia la condizione presente.
La schiavitù eg. è descritta, prima di tutto in termini socio-economici, che denotano un radicale cambiamento della situazione politica dell’Egitto si sa che dal 1720-1550 a C. caos e debolezza militare dopo la XII dinastia… invasione hyksos = re pastori = ”governanti paesi stranieri” provenienti Asia Minore che governarono il paese XV-XVI dinastia importando elementi cultura occidentale indo europea. Furono cacciati 1570-1545 e tornò in mano egiziani. Qui arriva Giacobbe Gn46,27 Es1,5.
Con il riscatto eg. invasione straniera inizia era nuovo impero, in questi secondo periodo ebrei da ospiti non assimilati a immigrati stranieri mal tollerati 1,7-9 Ramses II? Svolta radicale. Storia espressa Caino-Abele. Pastori nomadi – manovalanza edilizia.
All’oppressione sociale si aggiunge il genocidio. Il racconto biblico però enfatizza la dimensione teologica e religiosa della servitù egiz. e denuncia l’idolatria come radice della condizione di alienazione (= diluvio spirituale) in cui versa in Egitto la discendenza di Abramo…Infatti per mezzo di Mosè + Aronne, il Signore, il Dio di Israele farà chiedere al faraone: ” …mi celebri una festa nel deserto” 5,13. La richiesta di questo servizio cultico e liturgico: avad = officiare + zavach = sacrificare scandisce insistentemente tutto il periodo delle 10 piaghe 4,23; 8,4.16.21.23-25; 9,1.13; 10,3.8.24-26…
La richiesta iniziale prevede un viaggio di 3 giorni nel deserto 3,18 …In realtà uscire definitivamente dall’Egitto per non rivedere mai più gli Egiziani 14,13 trasformerà gli Israeliti da massa di schiavi resistenti e sottomessi a popolo libero, nomade, come i suoi padri, peregrinante nel deserto per 40 anni Dt 8,2.4.
Perché, però, per il servizio liturgico e sacrificale del Signore bisogna uscire dalla condizione ordinaria di vita e andare nel deserto? Durante l’estenuante tira-molla delle 10 piaghe il faraone obietterà a Mosè e Aronne 8,21-23.
A prima vista, questa risposta di Mosè sembra manifestare rispetto per la cultura e il rituale egiz. differente da quello d’Israele. La pastorizia nomadica – occupazione propria e originaria dei patriarchi – non era ben vista dagli egiziani e dunque la loro immolazione rituale non poteva essere sopportata da residenti agricoli Gn 46,32; 47,6. In realtà non senza ironia Mosè tocca un punto cruciale della polemica antiidolatra. Per la Bibbia, l’Egitto come Sodoma – Gomorra – è un paese simbolo spirituale di peccato, idolatria, luogo di alienazione spirituale per il popolo di Dio Gn 18,20-21; 19,1-29; Ger 23,14…a causa della confusione fra la divinità e esseri umani, gli animali (coccodrilli, serpenti, lucertole, rane, scarabei…)…gli astri, il sole+ le cose create Sap 11,15-16…
Nel loro culto dei morti gli egiz. celebravano perfino come promozione, il transito dalla condizione umana a quella animale. L’Egitto pretendeva di dare uno statuto di normalità religiosa + civilizzazione progredita a quel caos da cui il vero Dio aveva fatto uscire la creazione tov delle origini distinguendo, separando, distribuendo nomi, ruoli secondo la natura specifica delle cose 1,1-2,4. Dove tutto è divinizzato, dove Dio diventa un componente del mondo umano, non c’è più posto per il vero, unico Dio. La civilizzazione egizia appariva come diluviale e babelica. Nella risposta di Mosè al faraone traspare, perciò, l’ironia bruciante della fede javista: ”Quelli che voi, egiziani, adorate come dei, per noi figli di Israele sono vittime da sacrificare all’unico Signore, nostro Dio!”
Una componente importante della confusione idolatrica che caratterizzava l’Egitto poteva essere il Nilo, il grande fiume che lo attraversa per migliaia di Km scendendo verso il Mediterraneo. Più esattamente si può dire che il Nilo generi l’Egitto che esiste e sussiste tutto intorno al fiume, dal momento che, appena ci si allontana dalla sua riva o dal suo delta, si incontra l’assolato e desolato deserto africano. Le acque del fiume assicurano dal basso la sopravvivenza…Intorno al Nilo si può vivere bene anche senza piogge che in Egitto sono rarissime. Concentrata lungo le rive rigogliosissime dell’immenso corso d’acqua- che si impone al paese e lo rassicura quasi come una onnipresente e benefica divinità- è nata una delle più stupende civilizzazioni e una delle più grandi potenze imperiali.
L’Egitto sul Nilo in Africa- come Babele in Mesopotamia fra Tigri e Eufrate- simboleggi per l’uomo biblico l’autosufficienza arrogante del potere mondano tentato di proiettare e prolungare l’impronta e la somiglianza del mondo terreno – stretta ibrida mescolanza di vita vegetale, umana e soprattutto animale – non solo nel regno dei morti, ma persino nel mondo divino.
Nella lettura teologica negativa della geografia egiz. si riconosce in Dt 11,8-17. L’Egitto è un paese piatto dove l’israelita gettava il seme e poi lo irrigava con l’acqua del fiume perenne e monotono, sempre presente già lì Sap11,6 che utilizzava dal basso azionando una ruota idraulica mossa con il piede. Il paese che il Signore ha giurato di dare in dono ai patriarchi e alla loro discendenza è Dt 11,8-17.
Geografia dell’immanenza, geografia della trascendenza: geografia dell’apparente “autosuff.” dell’uomo e geografia della grazia che viene dall’alto; geografia del fatalismo (del già lì): geografia della preghiera (per ottenere la pioggia). Questo testo mostra chiaramente la strettissima connessione tra terra e parola, supportata dalla rivelazione divina del popolo della Bibbia. Contro ogni spiritualismo disincarnato, che pretenderebbe di sradicare la relazione con Dio dal quadro reale dell’esistenza degli uomini, la salvezza di Dio si iscrive nella vita non solo come storia, ma pure come geografia. Il culto di Dio e la comunione fraterna suppongono una terra, un modo di rapportarsi all’ambiente. Non su qualunque terra si può rendere il culto a Dio, ma solo su quella alla quale egli ha destinato il suo popolo: una terra che finalmente si rivelerà come segno e sacramento del Figlio Gv 4,19-26; Rm 8,29-30…Naaman il Siro lo capirà perfettamente quando, convertendosi al fiume Giordano piuttosto che ai fiumi di Damasco (l’Abana e il Parpar) si convertirà al Dio d’Israele e chiederà pure di caricare la terra quanta ne portano due muli per compiere solo su di essa un olocausto e sacrificio al Signore 2Re 5,8…
L’Egitto nella contemplazione teologica della Bibbia fa della geografia terrestre, dettatale dalla vicenda storica d‘Israele, è insomma il paese di tutti i riduzionismi di Dio al mondo, come pure di tutte le divinizzazioni del creato. Da un paese del genere bisogna uscire. La chiamata che Dio rivolge al suo popolo è la stessa fatta ad Abramo: “Lehk- lekha 12,12 “trasferisciti in un altro paese che Dio ti dona e che diventi, perciò, segno del donatore, dove la tua vita possa trascorrere come una liturgia di riconoscenza e di rin-graziamento!” La lezione spirituale di questo cambiamento è chiara. Ci sono situazioni dalle quali – occasioni prossime – bisogna uscire tagliando il male alla radice Mt 5,29-30. Certo il “taglio geografico, ambientale, sociologico” avrà sempre un’estensione limitata e relativa, dal momento che non si potrà uscire completamente dal mondo 1 Cor 5,9-13. Bisognerà, però, sempre guardarsi dal male o dal Maligno Mt 6,13; Gv 17,15 è anche vero che in determinate stagioni spirituali – specie inizi “conversione di vita” – una rinuncia radicale + separazione fisica da certi ambienti e da determinate frequentazioni si impone con i fatti. Qo 3,2b C’è un tempo per…
Rifiutare di compromettersi e di tradurre concretamente e alla lettera, qui ora, certe indicazioni del Signore per rifugiarsi in “astratte e generiche affermazioni di principio o moderato buon senso = pseudo prudenza solo in apparenza illuminata e sapiente.
L’analogia tra geografa e teologia è completata dal deserto egizio-sinaitico. Tra l’Egitto punto di partenza della liberazione … e dell’alienazione idolatrica – e la terra – dono di Canaan – c’è il deserto un lungo cammino da percorrere tra il paese che si lascia e quello nuovo a cui si è diretti. La parabola geografica della redenzione è completa: il passaggio dalla schiavitù al servizio di Dio, dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, non si compie in un giorno ma si snoda in un succedersi di tappe geografiche (Origene ne enumera 37) e temporali: i “quarant’anni” di peregrinazione = numero che indica il tempo necessario per consumare un’esperienza spirituale compiuta (40 come 7 come 3). Un tale cammino “quadragesimale” diventa il periodo paradigmatico di noviziato, formazione rieducazione di un popolo a quei costumi di adorazione = fede, di uso dei beni terreni, speranza, di comunione fraterna = carità che dovranno costituire i “modo di camminare” alla presenza del Signore una volta ci si sia stabiliti nella terra.
La storia di questa peregrinazione da casa di schiavi alla terra del libero servizio del Signore è consegnata nella Bibbia in Es+ Nm per quel che concerne l’uscita dall’Egitto + camminare nel deserto; mentre il Dt + Giosuè = rilettura di tutta la vicenda + conquista Canaan, redatte in prima edizione verso la fine della monarchia – Re Giosia 640-609 a.C.
La redazione del Lv = sistema normativo che regola il culto d’Israele, sembra appartenere redazione sacer. dal VI_V sec. III sec. a.C. Periodo esilico e post-esilico = ultima redaz. tutto Pentateuco