Debolezza spirituale

La debolezza spirituale dei discepoli di Cristo

Le affermazioni papali sono di estrema rilevanza: tuttavia, esse, per venircolte in tutta la loro rilevanza vanno congiunte ad alcune frasi successive dedicate, apparentemente, a un tema molto diverso. Infatti il rifiuto del marcionismo + valore insostituibile AT, in un certo modo, erano fatti propri anche da una Chiesa che continuava a presentarsi come Nuovo Israele. Nel suo espandersi anche quest’ultima imponeva a tutti i popoli + culture il valore paradigmatico “storia sacra”: solo che così facendo essa presentava, anzi imponeva se stessa e non additava alle genti l’esistenza di Israele. Enorme la diversità che passa tra sostenere che annunciando il Vangelo alle genti la Chiesa deve dire loro anche che esiste Israele Gal 3,29 e l’affermazione che i popoli devono conformarsi in proprio a certe componenti bibliche tipiche del mondo ebraico poi trasferitesi più o meno consapevolmente anche nella cultura cristiana occidentale.

Il riferimento insostituibile a Israele non comporta affatto l’occidentalizzazione di tutte le culture, esige però il riconoscimento di una specificità. A tal proposito il papa ha dichiarato questo, messo anche in relazione al tema, delicato e drammatico, dello sterminio nazista. Ha sostenuto apertamente la diversità che esso assume per la Chiesa rispetto alle altre immani violenze consumate contro i popoli.

“Alla malizia morale …”

Anche i seguaci teologia sostituzione potevano asserire che l’AT costituiva un riferimento nonnon reticente interscambiabile: rifiutavano però nel modo più deciso di attribuire alla testimonianza ebraica un valore permanente valido anche dopo morte/Res di Gesù Cristo. Dichiarare la perennità dell’alleanza con Israele significa sostenere che anche l’esistenza attuale di quel popolo riveste per la Chiesa un valore teologico.

Affermazione decisiva, ma, ancora una volta passibile di varie interpretazioni, tanto in riferimento al senso permanente attribuito a quell’elezione, quanto rispetto al confronto con le molteplici autodefinizioni ebraiche, spesso comprensibilmente non conformi alle attese cristiane.

Un altro punto del discorso del papa con accenti parzialmente nuovi: la spinosa questione del ruolo (?) dalla precedente tradizione anti-giudaica rispetto al dilagare antisemitismo contemporaneo: pur senza porre giustamente un legame di continuità fra i 2 fenomeni, afferma in modo non reticenti un influsso non trascurabile dell’antica avversione nel rendere la maggioranza dei cristiani incapaci di reagire in modo fermo all’odio razziale.

“In effetti …”

Il Vangelo e Auschwitz

Il tema della Shoah su cui spetta ancora il pronunciamento ufficiale della Commissione Vaticana sui rapporti religiosi con l’ebraismo in preparazione ormai da vari anni, in preparazione ormai da vari anni, non discusso volutamente nel simposio.

La sua presenza resta però una specie di presupposto ermeneutico per ogni discorso che vuole, da un lato, troncare i ponti con l’antica tradizione anti-giudaica cristiana e, dall’altro, proporre un rapporto positivo con il popolo di Israele. Riferendosi a quell’evento Gv Paolo II ha avuto modo di affermare che esso “ha aperto i nostri occhi” 6.3.82 → rappr. conf. episcopali.

Tra questi occhi ci sono anche quelli della Chiesa, quasi a voler dire che, a differenza antica iconografia medievale, in precedenza erano loro e non la Sinagoga ad avere un velo che offuscava la vista.

Questo presupposto appare in generale condiviso partecipanti simposio. Tuttavia ci si può chiedere se non sia necessario porre sempre esplicitamente in evidenza il fatto che le Chiese hanno riscoperto un nuovo rapporto con Israele non già (per) un’autonoma ricomprensione del Vangelo, bensì solo perché spinte dalle circostanze storiche. Ciò, da parte di qn, potrebbe all’insegna di una teologia dei “segni dei tempi”: tuttavia l’evento stesso che ha suscitato questo mutamento a consegnare oggettivamente all’empietà ogni sua possibile lettura provvidenziale.

Aushwitz è un buco nero nella storia d’Europa e deve porre in Cristo ogni interpretazione ottimistica della storia J. B. Metz sett 97 → Università gregoriana ha avuto modi di indicare quanto sia difficile salvaguardare, all’interno società postmoderna anche solo la memoria di quell’evento.

Se è consentito – nel mondo attuale – lottare per conservare il ricordo di Auschwitz è perciò ancora più importante che interrogarsi sulle imperscrutabili vie di Dio Rm 11,33.Per questo non bisognerebbe mai sottacere che le Chiese furono indotte dall’esterno a mutare la loro comprensione d’Israele e quindi, almeno potenzialmente, anche l’intelligenza che hanno su se stesse: anche questa riflessione del resto, non è certo estranea al tema dell’ammissione propria infedeltà al Vangelo.