L’irreparabile peccato di Geroboamo

26.10.2000

Via da Gerusalemme e da Davide

Scisma e idolatria 1Re 12,26-33

Il grande peccato di Geroboamo nasce da una tentazione tipica di ogni istituzionein cui a un uomo venga conferito un qualche potere; quella di credere di far servire tutto al proprio potere, tutto anche il Signore! E’ stata una tentazione comune ai re di Israele, ma anche a quelli di Giuda, come lo è, anche oggi, ai capi delle nazioni….chiese – vescovi e parroci.

Geroboamo sottovaluta la riserva essenziale con cui YHWH gli ha conferito il suo favore e gli ha fatto la sua promessa: il ruolo unico e intangibile di Gerusalemme per il culto dell’unico Signore 1Re,11,32-36. Se il popolo del Nord andasse ancora a Gerusalemme a compieri i sacrifici – egli pensa – ci sarebbe il pericolo che esso provi ancora una certa attrazione per la casa di Davide e il re di Giuda. E decide di commettere il grande peccato di “strappare Israele dalla casa di Davide” 2Re 17,21. Il prevalere degli elementi culturali, legittimo sul piano politico, sconfina illegittimamente sul piano religioso dell’unità della fede. Consigliatosi allora Geroboamo fa costruire 2 vitelli d’oro, e dice al popolo: “Siete andati troppo a Gerusalemme! Ecco Israele il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto” 1Re 12,28

I 2 vitelli vengono collocati sui confini delregno, in santuari già venerati da tempi antichi, uno all’estremo nord, a Dan Gdc 18 e l’altro all’estremo sud, a Betel Gn 12,8… Riprendono così vigore i santuari del Nord e il culto d’Israele si disperde di nuovo sulle alture del paese con le stele, i pali, baalismo cananei, mentre i sacerdoti vengono presi qua e là, senza essere necessariamente discendenti di Levi, i quali invece rimangono nel culto del tempio di Gerusalemme 1Re 12,31-33.

La memoria della liberazione dall’Egitto, essenziale per il culto javista, viene arbitrariamente trasferita dall’arca alleanza che si trovava nel tempio a Gerusalemme, alla immagine di un vitello d’oro, additato con le stesse parole adoperate dal popolo nel deserto quando gli israeliti male ispirati da Aronne avevano fatto divampare l’ira del Signore Es 32,4.8,10-12.

Come già si è osservato a proposito di quella giornata funesta, il culto vitello d’oro è un peccato di idolatria, non in quanto presenta un passaggio a un altro dio, bensì in quanto pretende di dare al Dio vivente e nascosto una forma forgiata da mani d’uomo, a misura umane aspettative ed esigenze. Scegliendo poi un vitello – iconografia cananea – Gerobaamo apriva la porta al peggiore sincretismo – sacrifici umani – alla confusione coscienza javista del suo popolo. L’elemento culturale prevale sulla Parola di Dio; il modo con cui noi – o gli uomini oggi o il mondo moderno – immaginiamo o raffiguriamo Dio diventa più importante di ciò che il Signore ha detto di sé.

Os (Osea) originario del nord sotto Geroboamo tuonerà 13,1-3

Ben differente e più grave sarà l’idolatria, cioè il culto di Baal-Melkart, divinità di Tiro importata in Israele da Gezabel, moglie fenicia di Acab. In questo caso, il peccato di idolatria comporta un’ apostasia dal vero Signore YHWH.

In 1Re 13,1-14,18 abbiamo un primo assaggio di tutta una forte attività profetica che accompagna l’operato del re, specie nel regno scismatico di Israele.

Indicato come re da Achia di Shilo 1Re 11,29-39 Geroboamo viene ora sorpreso in fragrante da un uomo di Dio 1Sam 9,6 proveniente dal vicino regno di Giuda “uomo di Dio” mentre sta offrendo l’incenso all’altare di Betel. La parola del profeta vaticina la futura distruzione del culto di Betel e ne dà conferma con segni eloquenti: l’altare si spacca, la cenere dispersa contro Lv 4,12 e la mano del re che si tende minacciosa verso il profeta rimane paralizzata. 1Re 13,1-10.

La vicenda di un altro profeta di Betel, il quale mette alla prova il primo per vedere se egli sia mandato veramente da Dio o da Roboamo, apre il capitolo del discernimento delicatissimo tra veri profeti e falsi che accompagnerà tutta l’epoca dei re. I due profeti, quelli del sud e nord sono entrambi uomini di Dio, ma entrambi si mostrano un po’ faciloni uno nel disobbedire alla parola del Signore, l’altro nel produrre la propria qualità di profeta per coprire la sua menzogna. Tutto sommato, si comportano meglio il leone che ha fatto giustizia da parte del Signore e l’asino che è rimasto accanto al cadavere del padrone. I due animali so sono vicendevolmente rispettati più che i 2 “uomini di Dio” 1Re 13,11-32.

Giosia, re di Giuda, estendendo la sua riforma religiosa anche alle regioni da lui rioccupate del tramontato regno del Nord, adempierà la profezia proferita contro il culto di Betel, rispettando il sepolcro dei due profeti. La ruota(?) dell’altare di Betel diventa allora esemplare di quella degli altri templi delle alture costruiti dai re di Israele nella città di Samaria 2Re 23,15-20.

La seguente vicenda della moglie di Geroboamo che si reca a Shilo per consultare il profeta Achia sulla sorte riservata al figlio Abia, ammalato, ci offre un altro esempio di come la parola del Signore mette rudemente in ballo un uomo di Dio. Achia è il profeta che, molti anni prima, ha rivelato a Geroboamo un avvenire lusinghiero, dalla parte del Signore. Gli avvenimenti hanno distanziato i due, fino al punto che Geroboamo invia sua moglie travestita a consultare Achia. Il responso del profeta è un giudizioo spietato sulla sorte del piccolo Abia e ancor più sulla sorte di tutta la casa di Geroboamo., che infatti sarà massacrato a Baasa(?) 1Re 14,1-18.

Il profeta Achia deve conoscere adesso la dolorosa delusione che un tempo Samuele conobbe profetando a Saul il rigetto che il Signore aveva fatto nei suoi confronti.

Il profeta Achia deve conoscere ora la stessa dolorosa delusione che un tempo Samuele conobbe profetando a Saul il rigetto. Nel profeta tutto è dominato dalla parola che il Signore gli rivolge.